Adozioni gay: gli studi scientifici dicono no?

12 04 2013

Occupiamoci ancora una volta di questo tema. L’UCCR ci grazia qui con un delizioso esempio di Gish Gallop. Sapete cos’è? Usato dal creazionista Gish nei dibattiti con gli evoluzionisti, è un trucco retorico basato sulla teoria della montagna di merda: ci vuole molto meno a spalare tanta merda addosso a qualcuno o a qualcosa, che a rimuoverla. Gish spara di solito decine di argomentazioni tutte completamente infondate, e ci mette qualche minuto a farlo. Per rispondere a tutte però ci vorrebbero ore o giorni, così fa la figura di quello che “ha vinto il dibattito”. È chiaro che il caso qui è lo stesso, ci vorrebbe una vita per analizzare singolarmente tutti i singoli studi riportati in quell’articolo, ma si può risparmiar tempo fornendo alcun criteri per l’eliminazione di quelli inutili. Quanti saranno gli studi coinvolti? Venti? Venticinque? Trenta? Non li ho contati, perché tanto la maggior parte di essi possono essere messi da parte molto rapidamente. Insomma, si potrebbe confutarli uno per uno, ma è più semplice e conveniente confutarli in blocchi sulla base di alcuni errori o vizi di interpretazione comuni. Cimentiamoci dunque a smontare questo Gish Gallop:

Primo criterio:

Vanno esclusi rapidamente dalla lista gli studi pubblicati su Psychological Reports. Si tratta della rivista preferita dagli omofobi, per una ragione molto semplice: non rigetta quasi mai un articolo e bisogna dare un contributo per la pubblicazione (cosa rarissima nelle riviste di settore di psicologia). Ovvero, molto semplicemente, si tratta di una rivista a pagamento che non dà la minima garanzia di serietà e controllo su ciò che pubblica. Questo si riflette sull’Impact Factor della rivista, ovviamente: nessuno scienziato legge o cita o considera minimamente Psychological Reports. Averci pubblicato sopra è praticamente come aver pubblicato su TV Sorrisi e Canzoni (beninteso, anche su TV Sorrisi e Canzoni possono essere scritte cose corrette, ma di sicuro la scienza non lo certifica).

In generale, guardate dove è stato pubblicato lo studio. Ho cliccato su uno a caso ed era fatto dalla “Catholic University of America”. Non voglio avvelenare il pozzo, ma è chiaro che qi c’è un conflitto di interessi pesante. Fra l’altro, non vedo perché non dovrei farlo notare, visto che come argomento contro l’APA, ad esempio, lo stesore cita il fatto che la loro principale ricercatrice è lesbica.

Fra l’altro, c’è addirittura una studio che la fonte non la riporta proprio

Secondo criterio:

Eliminiamo le opinioni personali. Fra gli “studi scientifici” lo stesore ha incluso indebitamente dichiarazioni private di singoli studiosi, o addirittura di non studiosi, e lettere a riviste. È chiaro che le opinioni, per quanto possano essere titolate (e non mi risulta neanche che queste lo siano) non sono rilevanti e non sono “studi scientifici”, soprattutto.

Terzo criterio:

Molti di questi studi si concentrano sul ruolo specifico della figura paterna e di quella materna. L’assunto alla base di tali analisi è che si va a studiare una specifica struttura familiare, la famiglia tradizionale occidentale, in cui automaticamente, sotto l’influenza di vari fattori sia culturali che pratici, si determinano specifiche relazioni fra figli e genitori. In una famiglia omoparentale si determineranno relazioni di tipo radicalmente diverso, ma simili studi non autorizzano ad un confronto qualitativo perché il background è differente.

In generale, non vanno tenuti in considerazioni quegli studi che fanno l’assunzione di partenza di una situazione eterogenitoriale. Se nella famiglia tradizionale il padre assume un determinato ruolo e svolge determinati compiti, questo non vuol dire che quel ruolo, quel rapporto e quei compiti non possano esistere in diversi modelli familiari, distribuiti in maniera diversa.

Che se mi permettete, in realtà è piuttosto banale, o almeno per me, che penso da scienziato, lo è. Uno studio fatto per rispondere alla domanda “come funziona una famiglia tradizionale” ci dice solo come funziona una famiglia tradizionale. Nulla possiamo inferirne su come funzioni o non funzioni una struttura differente. Per esempio la domanda scientifica “che ruolo svolge il padre nella famiglia monogamica occidentale” è diversa dalla domanda scientifica “la figura paterna è dispensabile per la crescita sana dei figli?”, è lontana mille miglia dalla domanda “la figura paterna è insostituibile per la crescita sana dei figli?”

 

Quarto criterio:

Alcuni studi si soffermano sull’orientamento sessuale dei figli. Qui non c’è molto da dire, semplicemente essere gay non è una patologia. Ciò che sappiamo è che i figli di coppie omoparentali sono (IN MEDIA; ricordiamoci sempre che stiamo parlando di statistica, e non di singoli casi) più propensi a sperimentare col proprio sesso, e forse ad identificarsi come omosessuali. Ma non è un male o una patologia e non c’è nessuna epidemia gay in corso, anche se è palesemente, triste notarlo, quello che si vuole suggerire.

Quinto criterio:

Leggete quanto ho scritto nell’articolo su Regnerus, nonché in quest’altro scritto sul medesimo tema, perché in quell’occasione ho risposto, oltre che al Regnerus stesso, anche a quelle pubblicazioni che, senza portare dati propri, si limitano a criticare sterilmente (e in modo abbastanza cavilloso) tutti gli studi seri sull’argomento fatti finora. In generale, tali critiche puntano tutto su un’ideale di perfezione nella scienza sociale che è di fatto irraggiungibile, e pretendono di usare tali critiche per abbattere l’intero filone di studi.

Hanno ragione, a mio avviso. La mia idea, che ho già espresso altrove, è che la scienza abbia pretese eccessive quando vuole categorizzare e schematizzare tutti i possibili rapporti sociali, e trarne addirittura delle prescrizioni. Quindi abbattiamoli tutti gli studi a favore, ma dovremo abbattere anche tutti quelli contro.

Sesto criterio:

Molti di quegli “studi” sono interpretati appositamente in modo tale da suggerire ad esempio la più infame delle calunnie, ovvero la correlazione fra omosessualità e pedofilia, o fra omosessualità e violenze domestiche e via dicendo.
Si tratta della peggiore e più infondata propaganda omofobica, ma purtroppo qui devo darla vinta a Gish: per esaminare queste specifiche accuse ci vorrebbe, o per meglio dire, ci vorrà, un articolo a parte. Ma fidatevi, è roba veramente indegna. Per chi conosce l’Inglese, comunque, ci sono delle confutazioni molto complete qui, ad esempio. 

UPDATE: ho scritto sull’argomento pedofilia qui. Buona lettura a chi è interessato.

Settimo criterio:

Studi che operano una generalizzazione indebita. Alcuni studi, ad esempio, individuano una minore stabilità in media delle coppie omosessuali, o un maggior numero di partner sessuali. Ovviamente sono gigantesche semplificazioni, ma soprattutto, si tratta di dati medi. Io sono un’amante della statistica, ma consideriamo a cosa serve la statistica: essa riassume grandi quantità di dati, tagliando fuori informazioni ritenute meno importanti, è un’operazione di taglio. Nonostante la statistica tagli fuori molti dati, spesso è necessaria. Spesso ma non sempre, attenzione: quando si affida un bambino la coppia affidataria viene valutata per la sua singolarità, non è una statistica ma un dato completo, e c’è tutto il tempo e il modo di studiarne l’adeguatezza al compito genitoriale. Dunque parametri come la stabilità della coppia e l’adeguatezza psicologica dei futuri genitori possono essere studiati individualmente. Questo rende la statistica nel caso di specie del tutto inutile ed anzi perfino dannosa: sappiamo che molte coppie lesbiche durano meno delle coppie eterosessuali (forse), ma noi non dovremo valutare tutte le coppie lesbiche, solo quella che abbiamo davanti. Quindi l’errore qui è passare da “molte” a “tutte”, è un illegittimo. Approfondimenti qui.

Bene, i criteri fondamentali che ho messo su finora permettono al lettore, in piena autonomia, di valutare per quello che rileva alla causa delle adozioni gay (ovvero niente) qualcosa che ad occhio sarà tipo il 95% degli “studi scientifici” riportati dallo stesore.

Vediamo un po’ quelli restanti, che sono anche molto divertenti.

  • Due critiche specifiche allo studio Rosenfield, 2010.
  • Potter 2012
  • Feldman 2012
  • Diamond 2007
  • Moore et al. 2002

Cominciamo dalla fine perché è un caso simpatico davvero. Cerchiamo lo studio di Moore e leggiamo quello che vediamo nella prima pagina:

Immagine

Traduco:

Nota: Questo riassunto compendia la ricerca svolta nel 2002, quando né le coppie omoparentali né i genitori adottivi erano identificati in ampi sondaggi su scala nazionale. Di conseguenza, da questa ricerca non possono essere tratte conclusioni riguardanti il benessere di bambini cresciuti da genitori dello stesso sesso o da genitori adottivi.

Mi spiego? Neanche i genitori adottivi tradizionali sono inclusi! Insomma evidentemente chi l’ha linkato non l’ha manco letto. Che pena.

Diamond 2007 (per come è usato qui) è un capolavoro di deduzioni inappropriate: il crimine di cui si accusano le donne lesbiche è di aver cambiato almeno una volta identità sessuale fra i sedici e i ventitré anni di età. Ovvero come tutti i gay del pianeta, che a sedici anni dicevano di essere etero, e magari ci credevano pure, per evitare di dover affrontare le discriminazioni. Forse è lo studio più insignificante della lista… 

O forse no, il Feldman lo supera. Il Feldman mi piace, per carità, è uno studio di neuroscienze, è il mio ambito. Ma tentare di comprendere cosa c’entri con l’argomento delle adozioni gay va oltre le mie capacità. L’argomento trattato è semplicemente il ruolo dell’ossitocina nei legami sociali, fra cui anche quelli coi genitori. Ovviamente l’autore non avrà studiato famiglie omoparentali, se lo farà troverà che l’ossitocina è coinvolta, dopotutto è coinvolta in tante di quelle funzioni che mi stupirei del contrario. 

E adesso Potter e critiche a Rosenfield: li consideriamo insieme perché l’argomento trattato è molto simile: il peggior rendimento scolastico medio dei bambini cresciuti in famiglie omoparentali.

La spiegazione? Ce la dà la stessa Potter:

Differences in academic achievement associated with living in traditional and nontraditional families are largely reflective of the transitions and changes that accompany the formation of such households and less clearly indicative of any inherent deficiencies in these family structures

[…]

Same-sex parent families are often created through a series of changes to and transitions in children’s family structure; therefore, the view of the family incorporated into this study provides a more realistic account and reflection of the experiences of these children

Traduco:

Le differenze nei risultati accademici associati con la vita in famiglia tradizionali o non tradizionali riflettono grandemente le transizioni e i cambiamenti che accompagnano la formazione di queste famiglia, e sono meno chiaramente indicative di deficit inerenti a queste strutture familiari.

[…]

Le famiglie omoparentali sono spesso create attraverso una serie di cambiamenti e transizioni nella struttura della famiglia del bambino; dunque, la visione della famiglia incorporata in questo studio fornisce un resoconto più realistico e riflette le esperienze di questi bambini.

Insomma il trauma non è la famiglia omoparentale, ma il passaggio spesso traumatico che ha prodotto quella situazione, e che spesso è un divorzio o una forte rottura con tutti gli stress connessi a quella situazione. Si tratta dello stesso errore del Regnerus, e questa spiegazione ovviamente si adatta anche alle critiche poste a Rosenfield; non ho potuto leggere gli studi originali che sono a pagamento, ma è imperdonabilmente sbrigativo accusare le famiglia omoparentali di essere situazioni deficitarie, quando di fatto è ben noto che spesso nascono in seguito a traumi e divorzi. Di fatto, nello studio di Potter è un dato abbastanza chiaro che non c’è differenza sostanziale fra le famiglie omoparentali e altre strutture familiari non tradizionali, mentre altri studi mostrano nettamente come invece siano spesso meglio. A ciò si aggiunga che ovviamente la buona riuscita accademica è solo un aspetto della vita di un uomo, non necessariamente il più importante, andrebbe fatto un bilancio complessivo. 

Insomma, la solita fuffa. Ma ormai non siamo più sorpresi.


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14 responses

12 04 2013
frank

mi inchino alla tua determinazione, precisione e genialità nel rispondere in modo logico, intelligente e concreto alle cazzate che hanno raccolto.
ci stavo pensando già da un pò, ma , chiaramente, mi mancava il tempo. a mio tempo smentii raccolte di roba che sostenevano le terapie riparative, ma in questo caso la cosa era molto più ampia.
questo tuo articolo va dritto dritto tra i miei preferiti.

12 04 2013
lostranoanello

Grazie mille ^^
Mi dispiace soltanto non aver potuto affrontare anche le tematiche più strettamente omofobiche, come l’associazione con la pedofilia, le violenze domestiche e simili. In fondo sono la parte più infame… D’altro canto proprio per questo, e per la vastità dell’argomento, necessiteranno una trattazione a parte.

21 02 2014
lupesio

Lasciando da parte il discorso delle violenze domestiche, il considerare “infame” (non infondata o inesatta, infame) una supposta correlazione con la pedofilia mi sembra un espediente non intellettualmente onesto. L’antica Grecia è andata avanti tranquillamente considerando rapporti sessuali tra quarantenni e bambini di 12 anni come la cosa più nobile del mondo, e in vaste parti del mondo i matrimoni tra uomini adulti e bambine di 9 anni sono considerati normali, mentre l’omosessualità è punita con la morte. Quindi il considerare la pedofilia come non accettabile e l’omosessualità come accettabile è una pura convenzione; in psicologia è possibile accertare correlazioni ma difficile stabilire rapporti di causa-effetto, come tu stesso osservi: è noto che il minore vittima di abusi spesso subisca traumi che lo danneggiano per tutta la vita, ma come si fa a stabilire quanto tali traumi siano dovuti al rapporto pedofilo in sé e quanto alla non accettazione di esso dalla società? Se quando si ha a che fare con suicidi o depressioni dei gay si dà la colpa all’omofobia e non all’omosessualità, perché non dovrebbe valere lo stesso discorso per la pedofilia? Si obietta che un adulto può decidere autonomamente del suo corpo e un bambino no, ma è normale indurre o costringere i bambini a fare tante cose che da soli non farebbero mai, tipo andare a scuola, mangiare e dormire in orarî prestabiliti, vestirsi in un certo modo, osservare regole di etichetta, più tutta una serie di cose che attengono alla discrezionalità di genitori ed educatori. Personalmente anche a me riesce accettabile l’omosessualità e non la pedofilia, però non riesco a trovarne una motivazione logica che vada al di là del puro conformismo e dei pregiudizî.

21 02 2014
lostranoanello

Il discorso è mooolto complesso, infatti vorrei scrivere un articolo apposta sull’argomento presto o tardi, come promettevo nell’articolo.
Comunque, visto che la pedofilia è considerata la cosa più malvagia che possa esistere, e che NON ESISTE correlazione fra omosessualità e pedofilia/molestie su minori (anzi, la maggior parte di questi episodi sono incestuosi e avvengono nelle famiglie etero) suggerire questa correlazione è infame: infame perché è una bugia, infame perché è una bugia usata per screditare una categoria di persone e attirarle contro odio e pregiudizio.

Ciò detto, hai DELLE ragioni su quello che dici dopo. Infatti io sono persuaso, e su questo tema litigo quasi con tutti ma oh, è quello che penso, che la condanna sociale nei confronti della pedofilia sia largamente esagerata nonché culturalmente determinata. Ci sono state e ci sono società che ritengono normale la pedofilia (anche se forse i greci non sono un buon esempio in tal senso, direi più certe tribù africane) e funzionano normalmente. Io credo che anche la nostra società presto o tardi normalizzerà in parte la cosa. E sottolineo “presto o tardi” perché pensare di forzare la mano e farlo ORA è impensabile e violento; se accadrà accadrà spontaneamente in seguito a una lenta modificazione dei costumi e delle circostanze; e sottolineo anche “in parte” perché è chiaro che non puoi metterlo nella vagina a una bambina di sei anni, le faresti proprio un danno fisico indiscutibile… però una carezza sulla coscia non è un pene nella vagina, per dire; si facciano le dovute distinzioni.
Comunque è un argomento da approfondirsi a parte, così rischia di passare un messaggio sbagliato.

12 04 2013
lorenzo

E comunque il fatto che i figli di coppie gay siano più propensi all’omosessualità potrebbe anche indicare una minore paura del giudizio altrui, e non una influenza diretta, cioé che la percentuale di omosessuali è tenuta bassa da molti che lo nascondono. Ovviamente la mia è una speculazione, ma lo sarebbe anche dire che la causa è l’influenza dei genitori

12 04 2013
lostranoanello

Corretto, grazie. Effettivamente molti dati fanno pensare che le pulsioni omosessuali siano presenti in qualcosa tipo il 20% della popolazione, ma i fattori culturali le “castrino” in qualche modo.

12 04 2013
LucaZ

la mia opinione è sempre stata che 2 genitori dello stesso sesso siano meglio di un solo genitore ed immensamente meglio di nessun genitore, mi chiedo di che cosa si discuta.

12 04 2013
lostranoanello

Se lo chiedono in molti XD

25 02 2014
Lupesio

Ti ringrazio per la tua risposta, è un piacere avere a che fare con una persona che entra nel merito logico delle obiezioni che vengono formulate, invece di attribuire all’interlocutore opinioni che non ha espresso (perché non corrispondono a quello che egli sente o perché non riteneva che esse avessero una qualsivoglia connessione con il dibattito affrontato). Finora, quando mi è capitato di fare un discorso del genere, mi sono sentito dare risposte francamente del cazzo (scusa il francesismo) che si inquadrano all’incirca in queste tre tipologie:
1) “E se fosse tuo figlio il bambino che viene molestato?” alla quale si può obiettare che se uno è un omofobo viscerale non tollererà neanche che suo figlio quarantenne abbia un compagno maschio.
2) Vengo accusato di essere omofobo; siccome la pedofilia è un peccato mortale, un taboo che non può essere neanche pensato, il metterla su un piano paragonabile all’omosessualità è un insulto. Personalmente ritengo che nessuna inclinazione sessuale può essere soggetto di giudizio morale, se anche a me eccitasse l’idea di stuprare una vecchietta dopo averla torturata a morte e poi di mangiarla, il giudizio morale potrebbe nascere nel momento in cui la metto in pratica; il pedofilo che guarda dei bambini, provando eccitazione sessuale in cuor suo, ma tenendosela per sé, compie un gesto di rilevanza morale pari ad uno che si eccita sessualmente al pensiero di accoppiarsi con un termosifone
3) Vengo accusato di essere un pedofilo (questo è il caso più raro) che utilizza sofismi per giustificare la sua orribile perversione.
Condivido il tuo pensiero sul fatto che non è il caso associare una battaglia contro le discriminazioni ai danni degli omosessuali ad una battaglia in favore dei pedofili, ma questo è un giudizio di opportunità di una strategia ‘politica’ rispetto ad un altra, per cui siamo su un altro piano del discorso.
Voglio inoltre esprimere la mia diffidenza circa la psicologia come scienza, dal momento che non permette, a differenza di altre scienze, di separare cause distinte tra loro; a tutt’oggi non si conoscono le cause dell’omosessualità né dell’eterosessualità, ad esempio, ma in generale è impossibile anche in teoria progettare esperimenti alieni da bias di qualsiasi tipo.
Concludo dicendo che, per quanto nel merito sia contrario a discriminare per legge tra orientamenti sessuali diversi (ad esempio, se dovessi votare circa il matrimonio tra persone dello stesso sesso, voterei a favore), deploro la pochezza filosofica di molte delle istanze che stanno spesso dietro alle battaglie LGBT: ad esempio, il concetto di “diritti delle coppie omosessuali” implica che la coppia in quanto tale sia l’unica forma concepibile di unione affettiva tra persone, per cui, tre omosessuali tra loro innamorati, e magari che hanno rapporti anche al di fuori del trio sarebbero visti un gradino inferiore rispetto ad una coppia fedele, riproducendo elementi cardine della ‘morale’ tradizionale; inoltre, spesso sono temi che sono utilizzati a scopo di battaglia geopolitica (basti pensare al caso che è nato circa la legge da poco approvata in Russia, e i rimproveri che sono arrivati da parte di stati tipo gli USA che ai tempi delle olimpiadi nel 1996 punivano i rapporti anali anche compiuti tra le mura di casa, e che intrattengono ottimi rapporti diplomatici con paesi in cui l’omosessualità è punita con la morte).
Mi rendo conto però che hai affrontato questi argomenti en passant, e non si trattava del nodo centrale del tuo articolo, erano solo riflessioni che mi erano venute in mente. Se hai intenzione di scrivere un articolo sull’argomento, sarò curioso di leggerlo; rispetto alle banalità – anche necessarie, mi rendo conto – che si leggono su temi legati ai “diritti umani” (termine che personalmente odio) i tuoi articoli sono una boccata di ossigeno.
Saluti, e scusami per la prolissità.

27 02 2014
lostranoanello

Ma figurati, io apprezzo chi si prende un po’ di tempo per espandere un discorso, nell’era della comunicazione a monosillabi facebookiana.
Grazie dell’intervento 🙂

21 05 2014
AleO

Grazie per questo post e anche per i precedenti sullo stesso argomento, purtroppo è spesso difficile trovare il tempo per ribattere punto su punto a tutto il fango che ci viene buttato addosso da certe associazioni integraliste.
Mi è però sorto un dubbio: gli studi diciamo “a favore” delle adozioni per coppie omosessuali cosa dimostrano realmente? Che non ci sono differenze tra famiglie omo ed etero oppure che sono equivalenti? Perché non è la stessa cosa.
Mi spiego meglio. Il dubbio mi è venuto dopo aver partecipato ad un seminario sulla statistica applicata alla biologia dove si è parlato degli studi di equivalenza dei farmaci nel trattamento di una data patologia. Veniva evidenziato come dimostrare che due farmaci X e Y abbiano la stessa efficacia è molto più complesso e richiede una numerosità del campione molto più ampia (il relatore diceva almeno 4 volte maggiore) che non invece dimostrare che X sia più efficace di Y. Infatti è chiaro che se scelgo un campione troppo piccolo non vedrò mai differenze statisticamente significative tra il farmaco X ed il farmaco Y, ma commetterei un errore (e anche piuttosto grossolano) se concludessi che i due farmaci sono equivalenti.
Ora se spostiamo questo discorso sulla “equivalenza” tra famiglie eteroparentali ed omoparentali che succede?
In altre parole gli studi “pro adozioni gay” dimostrano una “equivalenza” o semplicemente non sono finora riusciti a mettere in evidenza una differenza?Perché in quest’ultimo caso potrebbe esserci un problema di numerosità del campione (e se non sbaglio qualche studio aveva criticato questo aspetto). Poi sono d’accordo con te su tutti i limiti degli studi sociali che non possono avere le stesse caratteristiche degli studi clinici,ma non vorrei che stessimo scambiano l’assenza della prova con la prova dell’assenza.

21 05 2014
lostranoanello

Per risponderti bisognerebbe fare un’approfondita revisione della letteratura sull’argomento, in particolare per quanto riguarda i metodi statistici. In effetti in quasi tutta la letteratura scientifica non viene effettuata la verifica sulla potenza del test, ovvero la sua capacità di vedere rilevare piccole differenze, così spesso si conclude che non s’è differenza anche se con un test più potente si sarebbero viste.
Personalmente credo che la cosa per quanto interessante qui manchi un po’ il punto fondamentale, ovvero: se con un test di potenza normale non riusciamo a vedere la differenza, forse non c’è, o se c’è è veramente TANTO PICCOLA. E una differenza tanto piccola potrebbe essere interessante nello studio di equivalenza dei farmaci, ma in una disciplina confusa e ipercomplessa come le scienze sociali diventa questione di lana caprina: una differenza molto piccola fra i figli di coppie gay e figli di coppie etero può essere da attribuirsi ad esempio all’influenza dell’ambiente esterno, al pregiudizio o anche semplicemente al senso di differenza che si può sentire nel far parte di una formazione sociale non convenzionale. Ma per lo più questo genere di disagi è comune a tutte le famiglie adottive e comunque dipende da fattori che in ultima istanza sono incontrollabili, quindi non me ne preoccupo più di tanto.
Secondo me la scienza ha fatto la sua parte e detto la sua in questo dibattito, mostrando che non ci sono abissali differenze fra un bambino cresciuto in una famiglia gay ed uno cresciuto in una famiglia etero, che non viene su pedofilo, che non muore di overdose a quattordici anni, che non si suicida appena raggiunta la maggiore età eccetera. Non credo nel determinismo sociale, e penso che nel tentativo di dire qualcosa di più preciso si finirebbe probabilmente col dire qualcosa di sbagliato; un po’ come accade con quei tesisti che vengono in laboratorio e tirano fuori dei dati con tre cifre dopo la virgola usando uno strumento che ha un errore di +/-0.1.

21 05 2014
AleO

Non so se sono riuscito a spiegarmi, ma io non mi riferivo alla potenza del test. Concordo infatti che una differenza molto piccola seppur statisticamente significativa non abbia poi un reale impatto sociale e può essere attribuita in effetti a tutte le cause che citi.
La mia era una questione di impostazione dello studio, in altre parole quale è l’ipotesi nulla di questi studi? Che non ci sono differenze (come nel caso debba dimostrare la maggior efficacia del farmaco X rispetto ad Y) o che ci sono (come nel caso in cui debba dimostrare che X e Y hanno la stessa efficacia) ?
Bisognerebbe verificare questo, secondo me.

23 03 2015
Pedofilia (1): connessione con l’omosessualità?   | Lo Strano Anello

[…] sulla (assenza di) connessione fra omosessualità e pedofilia. Praticamente da quando ho scritto l’articolo in cui confutavo i presunti “studi scientifici contro le adozioni gay”, la critica più comune che ho ricevuto è il fatto di non aver effettivamente confutato alcune […]

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