La coperta corta di Malthus

9 12 2020

Cosa ci insegna la crisi del Coronavirus?

Che insieme, unito, il paese può affrontare ogni minaccia?

Nah. Più che altro ci insegna tutta una serie di orrende verità su come funziona la psiche umana e in particolare la psiche dell’occidentale del 2000.

Ma più ancora, pone una lapide su tutti i sogni più sfrenati di ecologisti e malthusiani.

Ma facciamo un passo indietro, di un annetto, quando l’argomento caldo (no pun intended) era il riscaldamento globale. Quando Greta Thunberg gridava appassionatamente che questi governanti le hanno rubato il futuro. Ma sono davvero stati loro? Cos’era questo futuro?

Il modello di sviluppo della società industriale, che sia esso socialista o capitalista non ha in realtà la minima importanza, si basa su una capacità dell’uomo di sfruttare le risorse ambientali che non ha precedenti storici prima del Novecento. Razziando cieli, mari e terre l’umanità ha iniziato a produrre quanto basta a soddisfare ogni suo bisogno e anche ogni suo capriccio, in effetti. E questa incredibile, inedita prosperità ci piace, non vogliamo rinunciarvi.

Gli ecologisti, infatti, ci dicono che dovremmo dare un taglio a tutto questo lusso, che non è sostenibile. Che presto non potremo più permettercelo, perché il riscaldamento globale distruggerà anche l’economia e il nostro stile di vita etc.

La soluzione proposta dagli ecologisti sembra essere: dobbiamo dare un taglio al nostro stile di vita ORA, altrimenti dovremo farlo DOPO.

Curiosamente questo argomento per cui dovremmo vivere da malati per morire sani non convince tanta gente. Qualcuno nota che, se dovessimo davvero dare un taglio drastico all’uso dei combustibili fossili, i paesi in via di sviluppo e quelli del terzo mondo sarebbero condannati a restare per sempre in miseria, e a parte che valli a convincere, forse non sarebbe neanche moralmente corretto convincerli a fare una cosa del genere.

Cioè, il punto è che noi vogliamo mantenere la prosperità in cui viviamo, e anche dell’ambiente ci interessa solo nella misura in cui ci è garantita la prosperità; non serva a nulla salvare l’ambiente senza la prosperità.

Purtroppo, però, la prosperità è una condizione per certi versi “innaturale”. La biologia dei viventi è adattata per farli abitare in uno stato di costante scarsità di risorse. Gli animali mangiano e bevono ogni volta che possono, non si mettono a dieta, e questo perché il cibo scarseggia sempre ed è faticoso procurarselo. E noi umani non siamo diversi, non siamo fatti per essere frugali, e difatti soffriamo delle cosiddette “malattie del benessere”, malattie collegate ad una sovrabbondanza di risorse che nuoce alla nostra stessa fisiologia. Quando ci troviamo in condizioni di prosperità noi non facciamo altro che mangiare di più, di solito, almeno finché il cibo non finisca.

Gli ecologisti suggeriscono invece di mettersi a dieta, onde preservare la prosperità, si direbbe; temono che le risorse finiscano e l’abbondanza cessi. Ma il punto è che qui si sta nuotando contro la biologia stessa: le popolazioni crescono e consumano all’infinito, non si mettono a dieta; non lo fanno i conigli e non lo fanno neanche gli umani. E anche se ci mettessimo “a dieta” e consumassimo molto di meno, continueremmo comunque a riprodurci e ad aumentare di numero. Se consumiamo la metà, ma diventiamo il doppio, non abbiamo fatto un gran progresso. Il problema è il seguente: la crescita di una popolazione è limitata soltanto dalla quantità di risorse. L’esplosione demografica è una conseguenza del benessere, non si sarebbe verificata senza sovabbondanza di risorse. Ma proprio per questo è destinata a “mangiarsi” quelle risorse e ad esaurire quella stessa sovrabbondanza. La crescita di una popolazione si ferma quando sono finite le risorse per crescere, a quel punto raggiungerà un equilibrio stabile. E così faremo anche noi.

E infatti gli ecologisti più sgamati digievolvono e diventano malthusiani, e questa è già una prospettiva più interessante – di cui sarà bello scoprire i limiti intrinseci.

Dunque, la popolazione crescerà fino ad un momento in cui l’ambiente non la reggerà più. Nel concreto: la finiremo di crescere quando i neonati ricominceranno a morire di fame o malattie. Non ha molto senso chiedere alla gente di rinunciare all’abbondanza ora per non dovervi rinunciare comunque dopo, no? Inoltre, se la popolazione continua a crescere, quegli sforzi si riveleranno comunque inutili.

E qui arrivano i malthusiani che trovano la soluzione perfetta: “e se facessimo meno figli?”

C’è del genio in quest’idea. Fare dodici figli non è una necessità per nessuno oggigiorno, né un desiderio. È preferibile averne due o tre, addirittura uno solo. Ora, se la popolazione smetterà di crescere o addirittura diminuirà perché facciamo meno figli, noi avremo trovato il modo di mantenere in eterno la prosperità: la nostra “dieta demografica”. Per far ciò basterebbe che ci mantenessimo sul tasso di sostituzione di 2 figli per donna: se ogni donna fa due figli la popolazione non cresce. In realtà, però, la vita media si allunga, quindi anche con due figli per donna in media la popolazione crescerà. Bisogna scendere sotto il tasso di sostituzione. Ma anche quello è perfettamente fattibile e ci stiamo già arrivando.

Quindi abbiamo la soluzione: un po’ di Malthus, facciamo meno figli, poi un po’ di Greta, andiamo di meno in aereo… e vivremo per sempre nell’abbondanza.

Be’… forse.

In realtà la vita ha un carattere ciclico, è nella sua struttura base: nascita, crescita, riproduzione e morte. Un sistema in equilibrio. Noi vogliamo andare a sopprimerne una parte: vogliamo bloccare le nascite. In sostanza, stiamo andando a mettere un tappo al flusso. Al contempo, però la vita media continua ad allungarsi. Supponendo che le dimensioni della popolazione rimangano sempre le stesse, il tappo alle nascite ridurrà via via la percentuale dei giovani e causerà un accumulo di anziani.

E non è bello tutto ciò? Dopotutto, cos’è l’anzianità se non il più grande lusso che l’umanità si concede? Il gatto che non si può riprodurre e che non ci vede più abbastanza bene da catturare prede muore. L’umano invece lo facciamo sopravvivere, lo manterranno coloro che invece sono ancora abbastanza in forze. Ciò è reso possibile dalla medicina, ma c’è anche un patto intergenerazionale a garanzia di questo meccanismo. Purtroppo, questo patto si basa sulla natura ciclica del processo: ci saranno sempre un tot di giovani che possano mantenere gli anziani, e di solito i giovani sono più numerosi degli anziani. È un modello basato sulla crescita, funziona finché la popolazione cresce. E noi, in un modo o nell’altro, vogliamo bloccare la crescita; il fatto che la blocchiamo ad uno stadio solo non serve a niente se poi da un altro lato la crescita continua uguale a prima. Anzi, la situazione rischia perfino di peggiorare: i giovani presto o tardi non potranno più mantenere gli anziani.

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L’enfasi qui deve essere posta su una comprensione fondamentale del fenomeno della vita in generale e dell’esistenza umana in particolare. Di nuovo: nascita, crescita, riproduzione e morte. Il ciclo funziona perché ci sono tutte e devono essere in equilibrio.

Fare meno figli sembrerebbe in sé una buona idea, ma andrebbe aggiustata in qualche maniera, e sappiamo tutti cos’è che riequilibra questo sistema: si tratta della fase successiva-precedente del ciclo, la morte.

Se vogliamo fare una rigida dieta demografica che ci permette di mantenerci in salute senza abbuffarci troppo di risorse esaurendole, non basta fare meno figli: occorre anche morire un po’ di più.

Ma mentre l’idea di non fare figli, e quindi di suicidarsi demograficamente, è sorprendentemente accettabile per le persone, nonostante conduca di fatto alla morte della civiltà e sia a tutti gli effetti anti-vitale, quella magari di non insistere a prolungare a tutti i costi le vite fino a 150 anni è molto meno digeribile. Non si riesce a vedere in questa tendenza psicologica altro che l’effetto di un estremo egoismo ed egocentrismo generalizzato, per cui è concepibile la morte della società, che sopraggiunge se non si fanno figli, ma non è concepibile la mia che sopraggiunge perché ho 97 anni.

E qui il COVID-19 ci ha aiutato a capire delle cose in più. In particolare, ci ha aiutato a capire quanto cazzo è corta questa coperta demografica che tiriamo da tutti i lati e da cui dipende la sopravvivenza della civiltà.

Si è presentata una nuova malattia che per le sue caratteristiche epidemiologiche è sostanzialmente una piaga per gli anziani. Governo e media si sono dati con tutte le proprie energie a enfatizzare gli sparuti casi di under 40 che ne sono morti, ma il fatto irriducibile è che anche all’apice della crisi la media dell’età dei decessi è stata 80 anni. Tant’è che una delle ragioni per cui ne sono stati colpiti tanto severamente Europa e USA è l’elevata età media. Che sfortuna, che viviamo così tanto! Siamo piagati dalla nostra longevità. Se solo avessimo meno benessere, non avremmo il COVID-19!

Ovviamente c’erano vari modi di affrontare questo problema, e qui c’era da porsi una domanda interessante dal punto di vista psicologico e filosofico. È arrivata una catastrofe naturale che colpisce specificamente gli anziani. È una catastrofe naturale, non è che l’abbiamo creata noi, è semplicemente arrivata. E siamo una società che inizia a soffrire pesantemente degli squilibri causati dalla propria stessa opulenza. Uno di questi squilibri è, banalmente, il fatto che si viva decisamente troppo a lungo.

Ora, ogni catastrofe è una catastrofe e catastrofe va chiamata, nessuno le mette il tappeto rosso davanti. Ed è ovvio che si dovesse fare qualcosa per limitare i danni, questo non è in discussione.

La questione però è… quanto? Perché dopotutto questo sistema biologico, il coronavirus, ha caratteristiche che dal punto di vista ecosistemico lo rendono quasi necessario: la vita che si accorcia un po’ per cause naturali. Nell’ottica del funzionamento del sistema umanità, un evento di questo tipo sta tutto in un equilibrio naturale e perfino sano: accorciando la vita di pochi anni si consuma tutti di meno, il sistema pensionistico si alleggerisce, ci sono più risorse per tutti, la percentuale di popolazione attiva aumenta.

Attenzione, qui non sto dicendo che sia una cosa “bella”. Dopotutto, forse che la morte è una cosa bella, cui tutti andiamo incontro con danze e canti? No, la morte è una tragedia. Ma è al contempo una forza di equilibrio, un necessario sistema regolatore della vita, ne abbiamo bisogno. E qui non si è parlato di fare stermini sistematici di anziani come nelle distopie di fantascienza, non stiamo parlando di una crudele e sistematica azione umana. Stiamo parlando di una catastrofe naturale e di come gestirla.

Ora, nel momento in cui si doveva fronteggiare questo evento così estremo ma al contempo così “sano” rispetto alla situazione attuale, cosa si è deciso di fare? Qualcosa, ovvio; naturale che si sarebbe fatto “qualcosa”… ma fino a che punto ci si poteva spingere? Quanto eravamo disposti a fare per combattere questo meccanismo?

La risposta è stata una, unanime e semplice: TUTTO.

Ogni cosa che rientrasse nell’immaginazione umana doveva essere fatta per impedire che questo specifico meccanismo regolativo facesse ciò per cui esiste, i.e., accorciare le vite. Si sono sacrificate la libertà, l’economia, la socialità, la salute mentale… quando è arrivato il momento di decidere quale spazio lasciare ad un meccanismo naturale di regolazione della vita, la risposta è stata: NESSUNO.

Per contro, nessuno ha mai parlato di favorirlo, non si è mai parlato di spargerlo… Magari si è ventilata l’idea di avere verso di esso dei margini di tolleranza. Ma la risposta non è cambiata: margini ZERO, tolleranza ZERO, siamo disposti a fare TUTTO.

Quindi se ci chiediamo cosa è disposta a fare l’umanità per affrontare i problemi strutturali che minacciano la prosperità in cui vive, ora sappiamo che non è in grado nemmeno di muoversi in termini di “inazione”. Non solo non è disposta a ridurre attivamente la propria crescita, ma non è disposta nemmeno a lasciare che un meccanismo naturale di regolazione delle popolazioni abbia dei margini, ancorché ridotti, di azione per farlo lui.

Purtroppo per iniziare a pensare ad una decrescita da qualche parte qualche rinuncia va fatta, e non parliamo di cazzate tipo mangiare meno carne… parliamo di meno vite che appesantiscono il sistema. Qualche parte questa coperta non riesce a coprirla.

Dunque, questa società vuole conservare la propria prosperità, non è disposta a rinunciare al benessere materiale, e non è disposta neanche a tollerare che minime alterazioni possano sopraggiungere attraverso cause esterne a riassestarne la demografia in senso decrementale. Insomma, non è capace di nessuna decrescita di nessun tipo. Vuole crescere, crescere, e crescere: consumare sempre di più, bruciare sempre di più, vivere sempre di più, e niente su questo o altri mondi potrà anche solo permettersi di rallentare questa corsa. Se proprio, è disposta a fare meno figli, che di tutte le cose che poteva fare è quella meno efficace e nel lungo termine può perfino aggravare le cose.

Ecco quant’è corta la coperta di Malthus. Ecco quanto è fallimentare l’ideologia ecologista. Per quanto furbi noi umani riteniamo di essere, non possiamo eludere le trappole della nostra stessa natura. No, non ci metteremo MAI a dieta demografica. Non decideremo MAI di produrre e consumare di meno.

Noi consumeremo tutto fino quando non lo avremo finito, e poi moriremo di fame. E vivremo sempre più a lungo fino a quando la società non potrà più sostenere il sistema sanitario e pensionistico e moriremo per quello.

Non c’è nessuna soluzione dolce, nessun compromesso moderato, nessuna decrescita felice.

Ci sarà solo una decrescita molto, molto infelice.


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9 responses

10 12 2020
Cagliostro

Bellissimo articolo, di sicuro non potrai mai fare il politico! Dire certe cose non piace, credo che questa onda verde sia un calmiere per le nostre coscienze e basta.
Cmq io un barlume di speranza in una decrescita ce l’ho, fare meno figli e consumare meno risorse é fattibile. Ne é prova che nei paesi industrializzati abbiamo scoperto che l’aumento del consumo a un certo punto non aumenta più la felicità.
Poi il problema della massa di vecchi non mi sembra insuperabile, non sono mica highlander e prima o dopo moriranno. Quindi si tratta solo di una cosa temporanea. Qui bisognerà trovare un modo efficiente di curare, in Giappone ci stanno già lavorando alle robo infermiere.

10 12 2020
lostranoanello

Beì sì, è l’idea del transumanismo, sperare che la tecnologia diventi così potente da infrangere le barriere dettate dalla stessa natura umana. La singolarità.
È davvero l’unica speranza, in effetti.

11 12 2020
Marco

Pezzo magnifico, complimenti.
“Gli ecologisti digievolvono in Malthusiani”… questa frase è eccezionale, è la sintesi del tuo stile irriverente e del disprezzo che nutri verso la scarsa intelligenza degli esseri umani. Hai usato un linguaggio bambinesco proprio per indicare l’infantilità dei soggetti ai quali ti riferisci. Fantastico, veramente bravo! Sei il secondo blogger più bravo d’Italia.
Volevo aggiungere un dettaglio: più l’Europa invecchia, più i vecchi saranno influenti in politica (sia perché costituiranno il bacino elettorale più grande sia perché i politici saranno essi stessi vecchi) perciò la politica si occuperà sempre più dei vecchi a scapito dei giovani. In una parola sola: Gerontocrazia.

11 12 2020
Marco

Nota a margine: chiaramente è inutile precisare che il primo blogger più bravo sono io U___U

15 12 2020
lostranoanello

Ma certo, era ovvio… 😛

28 01 2021
kelebekoltrarno

Scusami il lunghissimo commento, toglilo se è troppo lungo…

Source : https://ilmanifesto.it/i-poveri-pagheranno-la-crisi-per-dieci-anni/
il manifesto – quotidiano comunista
Economia
I poveri pagheranno la crisi per dieci anni

Virus Capitale. Rapporto Oxfam «Il virus della democrazia»: «Dieci milioni di italiani non hanno risparmi per sopravvivere allo choc della crisi. Gabriela Bucher, direttrice di Oxfam International: «Potremmo assistere ad un aumento esponenziale delle disuguaglianze, come mai prima d’ora. Una distanza tanto profonda tra ricchi e poveri da rivelarsi più letale del virus stesso»

Roberto Ciccarelli

Edizione del 26.01.2021

Pubblicato 25.1.2021, 23:59

Gli infermieri chiamati «eroi» perché rischiano la propria salute curando i malati Covid nelle corsie di ospedale dovranno lavorare 127 anni per guadagnare quanto uno dei 36 miliardari italiani la cui ricchezza è aumentata di oltre 45,7 miliardi di euro da quando è stato dichiarato il lockdown totale nel marzo 2020. La proporzione è stata stabilita da Oxfam nel rapporto «Il virus della disuguaglianza» pubblicato in occasione dell’apertura dei lavori del World Economic Forum di Davos.

PER I «SUPER RICCHI», un migliaio di persone nel mondo, la recessione non solo è già finita dopo nove mesi, ma è diventata un’occasione di guadagno. Lo dimostra il fondatore di Amazon Jeff Bezos che ha superato i 180 miliardi di dollari in patrimonio personale. I 78,2 miliardi guadagnati nella crisi basterebbero per dare 105 mila dollari a ciascuno dei suoi dipendenti, ha scritto l’ex segretario Usa al lavoro Robert Reich. I 104 miliardi di dollari di profitti realizzati da 32 multinazionali avrebbero potuto garantire l’ indennità di disoccupazione a tutti i lavoratori e reddito di base per bambini e anziani nei paesi a basso e medio reddito. Per tutti coloro che sono costretti a lavorare per vivere ci vorranno oltre 10 anni per tornare al modesto livello di reddito precedente alla crisi attuale provocata dalle decisioni prese per mitigare l’impatto del Sars Cov 2. I lavoratori e i lavoratori poveri, già colpiti dall’onda lunga della crisi del 2007-8 dovranno cioè affrontare le conseguenze prodotte dodici anni dopo dalla crisi prodotta dall’agribusiness che ha trasformato il mondo in una fattoria globale e ha prodotto e diffuso il virus, ha messo in ginocchio il capitalismo e ha mostrato la sua iniquità e inadeguatezza.

SFRUTTAMENTO, razzismo e oppressione sociale stanno potenziando all’inverosimile le diseguaglianze. Il sondaggio realizzato da Oxfam tra 295 economisti in 79 paesi, tra cui Jeffrey Sachs, Jayati Ghosh e Gabriel Zucman, conferma un significativo aumento delle disparità nel reddito, nelle tutele, nella salute, nell’istruzione, nel diritto all’abitare. Senza un ribaltamento dei rapporti di forza entro il 2030 oltre mezzo miliardo di persone in più vivranno in povertà, con un reddito inferiore a 5,50 dollari al giorno, sostiene la Banca Mondiale. «Potremmo assistere ad un aumento esponenziale delle disuguaglianze, come mai prima d’ora. Una distanza tanto profonda tra ricchi e poveri da rivelarsi più letale del virus stesso» sostiene Gabriela Bucher, direttrice di Oxfam International.

SONO LE DONNE ad avere subito i danni maggiori dalla crisi, perché impiegate nei settori più duramente colpiti dalla pandemia: le professioni sanitarie e i lavori sociali e di cura. La pandemia uccide in modo disuguale anche a seconda delle etnie. Negli Stati Uniti 22 mila cittadini afro-americani e latino-americani sarebbero ancora vivi se il loro tasso di mortalità fosse stato uguale a quello dei bianchi.

IL FOCUS «DISUGUITALIA», diffuso ieri da Oxfam, permette di capire quanto inadeguata sia stata la strategia dei bonus temporanei e occasionali scelti anche dal governo italiano uscente per rallentare gli effetti della crisi, senza però creare le premesse di riforme strutturali universalistiche ispirate alla giustizia sociale. Dieci milioni di italiani più poveri non hanno risparmi sufficienti (sotto i 400 euro ) per sopravvivere senza un lavoro precario. La Banca d’Italia ha dimostrato come il cosiddetto «reddito di cittadinanza», l’estensione della Cig e blocco licenziamenti, misure estemporanee come il «reddito di emergenza» abbiano contenuto la catastrofe senza fermarla. È in corso un crollo dei redditi, a partire dal lavoro autonomo al quale è stato riservato un simbolico ammortizzatore sociale chiamato «Iscro» inadeguato. La valanga temuta con la fine del blocco dei licenziamenti è già reale tra le partite Iva povere, i precari con contratti a termine non rinnovati, intermittenti e poveri nell’economia sommersa. Sono i conti che saranno fatti pagare a questa e alla prossima generazione.

29 01 2021
lostranoanello

Ma figurati, l’ultimo che mi ha lasciato un commento lungo mi parlava di profezie bibliche sull’apocalisse e l’immigrazione. QUELLO l’ho cancellato. Questo è interessante e parla di cose che nessuno sta considerando veramente… perché non sono esattamente cose che succedono ORA.

31 01 2021
kelebekoltrarno

Sto perdendo un sacco di tempo, mentre dovrei lavorare, a leggere i tuoi post, uno più interessante dell’altro.

A volte sono molto d’accordo, a volte per nulla, perché tagli con l’accetta; ma mai in modo “ideologico” o prevedibile.

Posso prendere il tuo beneplacito al primo post che ti ho rubato, come permesso per rubarne anche altri?

31 01 2021
lostranoanello

No problem!

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