L’argomento dai casi marginali

20 02 2014

Oggi parliamo del cosiddetto argomento dai casi marginali (argument from marginal cases). Si tratta, fondamentalmente, di uno degli argomenti chiave della “filosofia antispecista”, e di solito si espone in questa forma:

“Poiché non ci sono differenza psicologiche fra un neonato o un disabile mentale grave (i ‘casi marginali’) e alcuni animali , per essere coerenti dovremmo trattare allo stesso modo le due categorie.”

Implicitamente, prosegue:

“Poiché noi consideriamo neonati e disabili mentali soggetto di diritti, allora dobbiamo farlo anche con gli animali”.

Di primo acchito, somiglia un po’ alla prova ontologica dell’esistenza di Dio: dentro di te avverti chiaramente che c’è qualche vizio enorme in questo ragionamento; quando però devi dire qual è ci vuole tanta fatica per capirlo e metterlo in parole in modo rigoroso. Insomma, è un ottimo sofisma.

Una prima osservazione che ci permette di capire le pecche dell’argomento è che la sua seconda parte, che piace particolarmente agli antispecisti, si basa su una premessa non indiscutibile, e cioè che  noi consideriamo neonati e disabili soggetti di diritto. Preso face value, l’argomento dai casi marginali sostiene egualmente tanto la posizione “dobbiamo dare diritti agli animali” quanto quella “dobbiamo toglierli ai casi marginali”. Di fatto, l’argomento vive all’interno di un determinato sistema assiomatico sull’attribuzione dei diritti, messo in dubbio il quale esso non ha più cittadinanza; dunque ha il difetto fondamentale di non permettere di per sé la fondazione di alcun sistema etico. Deludiamo subito Singer su questo aspetto, non costruisci una morale solo o principalmente sull’argomento dai casi marginali.

Ma anche restando all’interno della morale comune, e quindi prendendolo semplicemente come una critica ai nostri comuni assunti morali, l’argomento non funziona lo stesso. Perché? Esattamente per quelle ragioni che avvertite intimamente appena lo leggete.

Autoanalizzatevi, qual è la prima cosa che avete pensato? Magari anche se sembra stupida, non importa.

Vi dico la mia: “Ma come, tu vuoi fare una norma che coinvolge tutti gli esseri umani standardizzandola sui casi ‘marginali’? È come vendere solo letti standardizzati su un altezza di due metri e novanta perché c’è anche ‘qualche’ umano con quella statura!”

Questa idea si affaccia subito alla mente; la prima intuizione che abbiamo è che chi propone l’argomento stia solo andando a cavillare: la normalità per un essere umano è essere dotato di consapevolezza infinitamente superiore a qualsiasi animale, ma gli antispecisti vanno a cavillare su casi che non rappresentano neanche lontanamente la norma.

Detta così è un’obiezione ingenua (anche se, come in questo caso, le obiezioni ingenue possono nascondere al fondo una verità prima più radicale e solida). In particolare alla nostra obiezione ingenua si risponderà subito che “ma allora se trovassi una scimmia superintelligente la tratteresti comunque da animale qualunque, anche se devia dalla norma?!”, quasi che avere espresso quella determinata norma poi ci vincoli ottusamente ed a vita a rispettarla anche di fronte ad evidenze o casi particolari che la contraddicano… Se incontriamo qualcuno alto due metri e novanta, possiamo costruire un letto apposta per lui, ma non standardizzeremo tutti i letti della terra su un’altezza di due metri e novanta.

Kanzi, la scimmia geniale che in qualche modo da sola riesce a mandare in crisi il nostro rapporto con i topi di fogna.

In effetti l’errore nell’argomento sta nel considerare la norma come puramente astratta dalle questioni pratiche che regolamenta, e cioè presa nella sua assoluta e kantiana purezza formale: la norma morale deve essere perfetta, non deve racchiudere la quasi totalità dei casi esistenti, bensì la totalità assoluta dei casi esistenti. Di più, anche dei casi che non esistono, anche perfino eventuali esperimenti mentali! Quindi anche un solo caso teorico che contraddica la norma fra crollare la norma, Kanzi fa crollare la norma, per una scimmia geniale su tutta la terra dobbiamo ridefinire tutti i rapporti dell’uomo con tutti gli altri animali.

È evidente che questa concezione della norma morale è del tutto fuori dal mondo, lo diceva già Aristotele:

“le azioni, quelle generali sono di più larga applicazione, quelle particolari più ricche di verità, giacché le azioni riguardano casi particolari, e occorre che la teoria si accordi con essi.”

La nostra norma non deve e non può avere la purezza formale perfetta e la generalità assoluta che ci permetterebbero di applicarla in qualsiasi circostanza  immaginabile, deve piuttosto essere una prescrizione di buon senso che possiamo applicare nelle nostre scelte di tutti i giorni. Una norma morale reale non ha questa perfezione formale; se andate ad analizzare anche la più pura e universalmente condivisa di queste norme, inizierete a scoprirne le eccezioni particolari: “non uccidere un tuo simile”.

E se siamo in guerra?

E se lui vuole uccidere me?

E se mi trovo in stato di necessità?

E se il mio simile è un feto?

E se me lo chiede lui per smettere di soffrire?

E parte il dibattito infinito.

Le norme reali non sono fatte come le vorrebbero i sostenitori dell’argomento dai casi marginali, sono una cosa molto più ambigua e molto più strettamente pragmatica. Si ispirano magari a principi astratti perfetti sulla carta, ma si concretizzano sempre, e dico sempre, in una molteplicità di situazioni e applicazioni differenti.

In particolare l’aspetto che si manca di cogliere è che nella norma morale si deve differenziare il principio ispiratore astratto dal criterio che ne permette l’applicazione.

Spieghiamoci: la norma dice che ai minori di anni 18 non è concesso il voto. Perché? Forse che appena compiono 18 anno hanno qualche magico cambiamento psicologico o ontologico? Ovviamente no: abbiamo una legge con un principio ispiratore, che è quello secondo il quale per votare bisogna disporre di una certa maturità, che quando si è troppo giovani ancora non si possiede.

Perfetto, sulla carta; dopotutto chi vuole negare che a sei anni non si abbia la maturità per votare? Ma il bambino di sei anni è un caso troppo semplice; già ci sono dei quattordicenni parecchio maturi. Come potresti mai valutare la “maturità” in modo univoco, tale da permetterti di stendere una legge di sicura e semplice applicazione? Non puoi farlo oggettivamente, il confine della “maturità” è troppo sfumato e arbitrario. Allora ti serve un criterio applicativo, ovvero un limite artificiale, ragionevole, che riproduca approssimativamente il principio ispiratore: l’età scelta è di diciotto anni.

“E se uno ha diciassette anni e trecentosessantaquattro giorni? Non è giusto che non possa votare!”, sbraitano i sostenitori dell’argomento dai casi marginali. E non si rendono di quanto sia ridicolo il loro sbraitare; se la stanno prendendo con una linea tracciata in modo puramente convenzionale, il cui unico scopo è cercare di tutelare in modo preciso l’applicazione di un criterio astratto che altrimenti resterebbe pura teoria. Da qualche parte una linea di carattere applicativo prima o poi va tracciata, ed essa avrà sempre qualche discrepanza col suo principio ispiratore, qualche “caso marginale”.

Chi ha diciassette anni e trecentosessantaquattro giorni non voterà, non tanto perché noi siamo sicuri che non ne sia in grado, ma perché lasciarlo fuori è più comodo e applicabile che mantenere commissioni permanenti che vadano a giudicare secondo criteri vaghi e arbitrari quanto sia “maturo” il nostro diciassettenne. Onestamente, io troverei piuttosto  dispendioso, inutile e anche molto pericoloso mantenere commissioni che ogni volta che compare un disabile debbano stare lì a decidere se fa parte della società o meno. Chi me lo dice che un giorno nel DSM non sarà messo il “disturbo introverso della personalità”, e la commissione non deciderà che io sono un animale fuori dalla società? Meglio tracciare una linea chiara: chi fa parte della specie umana è dentro, chi no è fuori.

A riprova di quanto dico, lo stesso Peter Singer, uno dei più accaniti utilizzatori dell’argomento dai casi marginali, nella propria teoria morale basata sull’essere senzienti come criterio di attribuzione del diritto, ha i suoi casi marginali: sono, ad esempio, i crostacei: lui non saprebbe dire per certo se e quanto provano davvero dolore, è in dubbio, ma per prudenza decide di non mangiarli. Be’, la prudenza è il suo criterio applicativo; ha tracciato una linea e li ha “messi dentro a forza” perché il criterio applicativo deve tracciare linee nette dove non ci sono. Però rispetto al principio ispiratore originale erano un caso dubbio, marginale, problematico. Ci saranno sempre casi marginali quale che sia il principio ispiratore, perché “la natura non fa il salto”; così un feto non diventa magicamente un bambino dopo tre mesi, o alla nascita; c’è un continuum. E tuttavia in questo continuum possono essere tracciate linee precise e poco o per niente ambigue: facile contare i giorni fino ai tre mesi, facile individuare il taglio del cordone ombelicale. Non significa che il taglio del cordone ombelicale abbia cambiato lo stato ontologico del bambino, significa solo che era un punto particolarmente comodo dove tracciare una “linea del diritto”, che da qualche parte, che sia fra uomo e animale, o fra animali e piante, o fra viventi e minerali, deve essere tracciata.

Quello che diciamo quando diciamo che “gli umani sono soggetto di diritto” è che abbiamo un principio ispiratore che è la ragionevolezza/linguaggio, ovvero la capacità di accordarsi secondo norme di vita in comune; ma poi ci serve un criterio applicativo di quella norma che effettivamente attribuisca i diritti in forma non ambigua. Quale migliore criterio applicativo del criterio di specie? Di sicuro non c’è nessuna possibilità che qualcuno possa confondere un uomo con uno scimpanzé, ci sono sei milioni di anni di evoluzione in mezzo, e sono la specie a noi più vicina. Il criterio applicativo della specie ricalca al meglio che può il principio ispiratore, che però resta qualcosa come “essere parte attiva della dialettica sociale”.

In sostanza, i filosofi che sostengono l’argomento dai casi marginali mancano di riconoscere la fondamentale imperfezione nell’applicabilità di ogni principio ispiratore serio, e quindi ricercano un principio ispiratore che sia anche criterio applicativo perfetto. Ma, Aristotele docet, si tratta di una ricerca senza speranza. Per questo in effetti alla fin fine è facile anche rigirare l’argomento contro gli stessi che lo usano…

E i crostacei, dove stanno?

Ossequi.


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38 responses

20 02 2014
Stop-SA! Ovvero: come ti invento un dibattito | worldsoutsidereality

[…] L’argomento dai casi marginaliDi primo acchito, somiglia un po’ alla prova ontologica dell’esistenza di Dio: dentro di te avverti chiaramente che c’è qualche vizio enorme in questo ragionamento; quando però devi dire qual è ci vuole tanta fatica per capirlo e metterlo in parole in modo rigoroso. Insomma, è un ottimo sofisma. […]

20 02 2014
Riccardo

Dimmi se il mio esempio può essere considerato corretto: La meccanica classica funziona, non è corretta, la meccanica quantistica lo è, ma la meccanica classica trova applicazione corrette nella stragrande maggioranza degli impieghi umani. Qui il principio applicativo è chiaro avendo corrispondenza teorica ben precisa. Se io fossi un filosofo “marginale” e anche (almeno lavoro) un ingegnere dovrei applicare per i calcoli strutturali la meccanica quantistica perché, dopotutto, vi sono casi in cui senza usarla non si ottengono risultati soddisfacenti.

20 02 2014
lostranoanello

Sì, direi che funziona. Infatti in ambito scientifico si preferisce parlare di validità di una teoria più che di verità. Meccanica classica e quantistica sono entrambe valide rispetto a determinate situazioni; chiaramente la quantistica è molto più precisa, ma introdurre variabili quantistiche nella costruzione di un pilastro di cemento armato significa complicarsi inutilmente la vita, essere stupidamente pignoli.
Alla fine il vizio fondamentale dell’argomento dai casi marginali è l’essere di una pignoleria fuori luogo, così fuori luogo da non essere realistica o applicabile in alcuna maniera.

17 10 2016
minstrel

Esatto. Questo prova che sono astrazioni funzionali, veri e propri miti moderni.

17 10 2016
lostranoanello

Allora ne faccia a meno e spenga il computer.

17 10 2016
minstrel

E perché mai? Ho detto che è funzionale infatti, ma sempre di astrazione si tratta.

17 10 2016
lostranoanello

Se è funzionale, funziona. Quindi tutto è meno che astratta 😛

21 02 2014
Carlotta

Ecco qui la sintesi della straordinaria lezione che mi hai dato ormai quasi due anni fa. Un dibattito che, oltre a portarmi all’umiliante conclusione di essermi avvolta nei miei pensieri per anni senza aver capito un tubo nemmeno delle nozioni basilari, ha trasformato radicalmente il mio modo di vedere e di stare.
Ha fatto male ma grazie.
Leggerti è sempre un piacere scomodo, esiste di meglio?

21 02 2014
lostranoanello

Mi ricordo una Carlotta… abbiamo discusso su Asinus Novus, sbaglio? 🙂
Comunque sono lieto che il mio messaggio in qualche modo passi anche con chi proprio non te l’aspetteresti, grazie a te ^^

23 02 2014
Ulfsteinn

Molto ben argomentato. E’ sempre un piacere leggerti. Sulla questione specifica io, che sono un tipo più spiccio, risponderei così: nessuno può essere soggetto di diritto senza propria determinazione in proposito; in altri termini, la morale non si applica a chi non può avere un suo punto di vista al riguardo, altrimenti diventa un’imposizione. Un neonato è soggetto di diritto perché, anche se provvisoriamente incapace di consapevolezza morale, prevedibilmente e ragionevolmente arriverà a maturarne una, ed è quindi giusto che la società lo tuteli finché non potrà dire la sua. Una mucca non arriverà mai, per quanto dotata possa essere, a una consapevolezza morale: per questo la società non può tutelarla allo stesso modo in cui tutela un neonato.

23 02 2014
lostranoanello

Diciamo che in linea di principio, ovvero se parliamo del principio ispiratore, sei assolutamente nel giusto. Tuttavia vedrai che non sono solo gli umani normodotati ad usufruire di tutele sociali, ma anche disabili più o meno gravi, alcuni animali, perfino oggetti fisici.
Tu mi dirai “ma gli animali e gli oggetti che sono tutelati lo sono per via dell’intervento di umani consapevoli che vi sono legati”. Appunto, in realtà l’applicazione della norma che i principio è perfetta all’atto pratico muta, è per questo che un disabile, per quanto grave, di solito usufruisce di tutele legali 🙂

23 02 2014
Ulfsteinn

Sì, il punto è quello. Intendo dire che pur essendoci delle tutele legali tanto per il neonato quanto per la mucca, è assurdo aspettarsi che siano qualitativamente identiche nei due casi, così come sarebbe assurdo aspettarsi che una mucca abbia le stesse identiche tutele legali di un oggetto inanimato. L’argomento antispecista si fonda sull’isolamento di *una* caratteristica comune a neonati, disabili e mucche, caratteristica dalla quale si traggono poi le conclusioni cui si vuole arrivare: con lo stesso metodo si potrebbe sostenere che mucche e parcheggi debbano essere tutelati alla stessa maniera perché hanno in comune l’incapacità a esprimersi verbalmente.

4 03 2014
Raffaele

Se non ricordo male tu sei frocio. In quanto frocio capirai bene che appartieni a una “categoria” (se ha senso usare un termine tanto idiota) che per secoli non se l’è passata tanto liscia. E tutt’ora non se la passa ancora liscia in alcuni, per me troppi, paesi del mondo. Infatti, chi assumeva il tuo comportamento sessuale era considerato alla stregua di un animale non umano e andava pertanto sbeffeggiato, torturato e ucciso. Per lungo tempo, persone che hanno si sono spese per la difesa dei diritti delle persone omosessuali – anche lasciandoci le penne – hanno evidenziato l’eguaglianza sostanziale tra persone omosessuali ed eterosessuali proprio adottando controesempi in tutto simili a quelli dei casi marginali. Con lo scopo di portare, in maniera razionale, all’attenzione dell’opinione pubblica un tema in tutto simile quanto la difesa dei diritti degli animali. Così da garantire poi un futuro migliore a studentelli dieci e lode come te che si mettono a scrivere queste idiozie davanti a un monitor con un bel sorriso smart e compiaciuto. Se infatti vogliamo dirla tutta, applicando il tuo ragionamento inutilmente cavilloso al conseguenzialismo singeriano, mi piacerebbe portare i tuoi stessi argomenti in difesa del razzismo e del sessismo. In modo restituirti un po’ di ignoranza concreta alla tua vita e farti finire in una gabbia relegato alla stregua di quegli animali non umani da cui tu ti senti tanto superiore e diverso. Sono fiducioso che, in un futuro non lontano, queste stronzate verranno considerate alla stregua degli argomenti fanatici e fascistoidi degli oramai estinti schiavisti americani.

Dimenticavo, spero davvero che tu non abbia studiato filosofia e che tu sia soltanto un parvenu – come quei tanti ingegneri in pensione un po’ bolliti che si danno agli studi filosofici e scrivono supercazzole sulla teoria delle stringhe. Altrimenti c’è da chiudere il dipartimento che ti ha dato una laurea.

7 03 2014
lostranoanello

Guarda, lascio il commento solo per le offese che in un certo senso mi fa piacere ricevere (vuol dire che hai detto qualcosa di serio che ha rotto le balle a qualcuno).
Nel merito reale del discorso non hai argomentato niente, hai fatto solo la solite debolissima analogia con razzismo e sessismo, che ha anche stufato perché obbiettivamente non regge al livello argomentativo; siamo al livello di quelli che dicono che le coppie gay non funzionano per analogia con i poli uguali dei magneti che si respingono. Un’analogia deve reggere a scrutinio attento e i nessi causali e logici devono essere i medesimi. Quale sarebbe l’analogia? Che qualcuno ha usato l’argomento dei casi marginali in difesa di donne e gay? Allora vuol dire che ha usato un argomento di merda per difendere una causa altrimenti giusta. Il discorso “esiste almeno una coppia gay nel mondo in grado di adottare figli” di per sé non basterebbe assolutamente a giustificare una sovversione totale delle leggi sull’adozione; il punto semmai è che le leggi sull’adozione prevedono GIA’ ORA che le singole coppie adottanti vengano analizzate di per se stesse, quindi non c’è bisogno di una legge generale in tal senso perché il criterio applicaivo è già centrato sul particolare; si tratta dunque di rimuovere considerazioni di carattere generale che tanto lo scrutinio particolare rimuoverebbe. Senza contare che il caso per le adozioni e il matrimonio paritario è oggi (oggi, un tempo non lo sarebbe stato) incredibilmente più solido di così per ben altre ragioni e l’analogia, semplicemente, non regge.
Intervento inutile, il tuo; non fosse per il fatto che è sempre divertente vedere i filosofoni che si incazzano quando gli rompi il loro giocattolino preferito…

Comunque se ci tieni prova pure a rivolgere il ragionamento contro la causa dell’antirazzimo, o dell’antisessismo, o dell’antiomofobia. Vediamo. Voglio vedere cosa tiri fuori 😛

7 03 2014
Raffaele

Ok, hai ragione su tutto. Sei un genio.
Ciao amore.

7 03 2014
lostranoanello

Chennoia, io aspettavo un’argomentazione serrata 😛

7 03 2014
Raffaele

Visto che non sono qui a interloquire con Peter Geach, con Gottlob Frege o altri raffinati intellettuali, ma son qui con il proprietario del blog Cockring fammi un favore. Se sei interessato davvero a capire qualcosa di questi argomenti, inizia col presentarmi una forma argomentativa chiara e senza provocazioni o domande retoriche. Mi fai un bell’argomento con premesse e conclusione, allora possiamo discutere razionalmente di qualcosa. Ma qua, parlare di attribuzione di status morale agli animali non umani è come parlare di aborto sul blog dell’Unione Cattolici Raffazzonati.

7 03 2014
lostranoanello

Mio caro, l’articolo è presentato in forma chiarissima, il ragionamento preciso dall’inizio alla fine, premesse passaggi intermedi e conclusioni espliciti e limpidi con una cura al limite della paranoia. Non ti piacciono provocazioni e domande retoriche? Non fingere che il ragionamento non regga senza, funziona benissimo. Saltale se non ti piacciono.
Non è obbligatorio amare il mio stile, e non è obbligatorio neanche leggere questo blog, ma è scritto nel MIO stile e resterà scritto così, non devo adattare il modo in cui scrivo al primo filosofo da cocktail party che passa. E d’altro canto ho reso chiarissimo nella mia presentazione che me ne fotto grandemente dei giudizi su di me o sul mio stile o sulla mia simpatia, che sono anzi un escamotage ad arte per evitare di restare sull’argomento.
Non sei in grado di stare all’argomentazione. molto bene. Consiglio da amico per la prossima volta: controllati la pressione, prenditi un valium e non scrivere nulla fin dall’inizio. Figura migliore.
Poi, dai, vale la pena di invocare Gottlob Frege? Davanti a te pure Povia sembrerà un raffinato intellettuale… 😛

7 03 2014
Raffaele

Senti, Cockring, davvero, non devi attribuirmi stati mentali che non ho. Se scrivo in modo concitato, non vuol dire che sono concitato. Ma a quanto pare sei particolarmente interessato ad eccitarmi. In ogni caso, mi avvicinerò alla cattedra e ti suggerirò sottovoce un paio di idee da filosofo da party. Primo: l’appello ai casi marginali non è un argomento cardine della “filosofia antispecista”. Semmai si chiama controesempio [rimando a un buon manuale di logica adottato in un qualunque corso di filosofia]. Se infatti vogliamo testare l’intuizione secondo cui esista una differenza morale tra un primate umano e un cavallo adulto, e fondiamo tale assunzione in base a “gli animali umani differiscono dagli animali non umani in quanto i primi hanno abilità cognitive superiori ai secondi”; mi sembra ovvio che il neonato e l’handicappato finiscono fuori dall’assunzione in base alle proprietà “abilità cognitive superiori” stipulate sul dominio di individui “primati umani”. Se tu mi dici che “tutti gli esseri umani differiscono dagli animali perché portano gli occhiali”, converrai con me che chi non porta gli occhiali falsifica la tua affermazione. Si tratta di un banale vizio di formulazione. Quindi, uno si fa una bella ripassata e prova a offrire un’assunzione migliore. Secondo: ogni formulazione tassonomica proveniente dalle scienze descrittive che identifica una certa assunzione, per quanto perspicua o coerente, non è automaticamente un’affermazione etica [rimando alla fallacia naturalistica formulata per la prima volta nel Trattato sulla Natura Umana di Hume e successivamente discussa in trilioni di articoli che tu sicuramente conoscerai]. Chi accetta la validità della fallacia naturalistica è solitamente un sostenitore di teorie morali come il conseguenzialismo (come il pericoloso terrorista Peter Singer) e l’antinaturalismo (come James Rachels). In cosa consiste tale fallacia? Nella confusione tra descrizione e prescrizione. Infatti se io affermo:

(a) la Terra gira intorno al Sole

non segue logicamente che:

(b) è necessario che la Terra giri intorno al Sole.

Infatti rigetto l’assioma p⊃◻p per una ragione epistemologica molto semplice riguardante l’apertura alla possibilità che le cose nel mondo attuale possano andare diversamente da come vanno.

Poi tu ti concentri sulla praticabilità dei questo tipo di ragionamenti morali, dici infatti “È evidente che questa concezione della norma morale è del tutto fuori dal mondo”. E quindi? La stessa cosa vale per tutte le domande che hai formulato. Per lungo tempo l’affermazione della termodinamica secondo cui “in condizioni di temperatura costante la pressione di un gas perfetto è inversamente proporzionale al suo volume” era puramente teorica e Boyle ha cercato più volte di darne una versione matematica. Ma per alcuni ingegneri era una follia impraticabile. Poi col tempo siamo riusciti a costruire una camera iperbarica in cui mettere dentro un modello meccanico sufficientemente preciso per dimostrare tale affermazione. All’inizio era “fuori dal mondo”, poi è diventata un’affermazione coerente della termidinamica classica.

Punto e a capo. E adesso dammi pure del filosofo da party.

7 03 2014
lostranoanello

Ma come, adesso arriva la parte in cui ti smonto logicamente, da bravo INTJ la trovo la più divertente 😛

Lo stato mentale si capisce dal fatto che sei partito con l’idea di scrivere, hai scritto (e scrivi) una sequela di offese e basta, e poi non hai nessuna voglia di argomentare. Se non si vuol portare a termine una cosa, il buon senso dice di non iniziare affatto, sono sicuro che te ne rendevi conto ma eri troppo incazzato per trattenerti XD

Allora, cominciamo col dire subito che la distinzione fra argomento e controesempio qui è pura semantica. Viene portato come “argomento”, Singer stesso in sostanza basa TUTTO su questo contro esempio che dunque funge da argomentazione. Queste precisazioni non sono importanti di per sé, però sono indicative: sono tipicamente utilizzate come una sottile forma di argomento ad hominem. Più o meno come quando un creazionista dice “l’uomo non può discendere dalla scimmia” e l’evoluzionista risponde “infatti non discende da un primate, è egli stesso un primate!”
In realtà l’evoluzionista avrebbe anche delle ragioni sul piano formale, ma qui è comunque in malafede: ha capito benissimo cosa intendeva il creazionista, sta solo cavillando per poi poter dire “vedete, è un ignorante!”; mentre verosimilmente il creazionista lì ha semplicemente usato una semplificazione colloquiale. Quindi passiamo avanti.

Il reso della tua argomentazione mi sfugge. L’impressione è che tu voglia dirmi qualcosa che già non sapessi, e invece è un ribadire il punto dei casi marginali. Lo conosco già, grazie, ma il suo vizio è che si tratta di uno straw man. La posizione delle persone normali non è “tutti gli esseri umani in quanto tali hanno capacità cognitive superiori a tutti gli animali”; la loro posizione è MOLTO più complessa; poi i più la mettono in parole magari in quella tua forma semplificata e imprecisa che è l’obbiettivo dell’argomento (controesempio :P), ma una formulazione più corretta semmai è
“Gli esseri umani realizzano normalmente capacità cognitive immensamente superiori agli animali, grazie alle quali partecipano alla pari nella società umana. Si sceglie in via di principio di attribuire agli umani diritti peculiari in virtù di queste particolari capacità che solo essi presentano; poiché tuttavia queste capacità umane variano in modo continuo con l’età, le condizioni, la fisiologia e la patologia, e sono difficilmente valutabili in modo preciso come sarebbe necessario per applicare il diritto, come criterio applicativo di questo principio si utilizza l’appartenenza alla specie umana, più facilmente identificabile e infinitamente meno variabile. Questo criterio è scelto in virtù della facilità con cui si applica e del fatto che ricalca il principio ideale piuttosto fedelmente rispettando un principio di prudenza”.
Lunghetta come formulazione, eh? Sì, ma è quella giusta. Parli di rapporti fra scienza e ingegneria ma in realtà la prima differenza fra fisici e matematici prima, e fra ingegneri e fisici poi, è che via via che ci si cala nella realtà si introducono più approssimazioni considerate accettabili. i fisici fanno cose inaccettabili per un matematico, come permettersi di approssimare l’arco tracciato da un pendolo ad una retta per oscillazioni “sufficientemente piccole”. In matematica non puoi fare una cosa così, ma se devi REALIZZARE cose con lo strumento matematico, devi necessariamente servirti di approssimazioni. E’ facile andare a dire al fisico o all’ingegnere “ma tua stai trascurando un fatto matematico!”; lui ti risponderà semplicemente “sarà, ma la macchina funziona”. Se avessi letto i commenti, avresti visto poco sopra un intervento in cui molto a luogo venivano tirate in ballo meccanica tradizionale e fisica quantistica. In via astratta-matematica anche nella caduta di una pallina da uno scaffale dovresti applicare le variabili quantistiche per fare un calcolo preciso; tuttavia per ogni applicazione pratica interessante nella caduta di una pallina da uno scaffale sono trascurabili gli effetti quantistici. E la morale NON E’ una teoria astratta, attiene ai comportamenti pratici, agli atti che possiamo realizzare nel mondo.
E poi ti dico la verità, può essere colpa della filosofia morale tradizionale non esser arrivati a questa formulazione (in effetti è colpa di Kant e della sua “universalità” del cazzo), ma credo poco alla buona fede degli “antispecisti” che non intendono o fanno credere di non intendere che in realtà il modo in cui funziona una norma morale è questo.
Non mi spiego perché me lo stai facendo riscrivere tutto questo, forse davvero non capisci il mio stile (ma ti assicuro che è un problema tuo, eh, sei il primo che lo mostra di tanti amici e avversari). E’ strano, ma se proprio vogliamo semplificare all’osso ad uso, l’argomento dai casi marginali è un controesempio che sarebbe valido contro la forma “tutti gli esseri umani in quanto tali hanno capacità cognitive maggiori di tutti gli animali, e in virtù di esse hanno maggiori diritti”; ma questa formulazuine attribuita alla morale corrente non è esatta, quindi l’argomento colpisce a vuoto.

La fallacia naturalistica invece semplicemente non ho capito cosa c’entra. Ma visto che l’hai tirata in ballo usando un esempio particolarmente inppropriato, ti rispondo anche su quella: hai fatto proprio l’esempio peggiore, perché il fatto che la Terra giri intorno al sole è appunto un fatto che non è riducibile all’effetto di azioni umane. La domanda se sia necessario o meno che la terra giri intorno al sole non ha risposta “no”, bensì non ha proprio nessuna risposta, perché è priva di significato di per sé. Se dicessimo “la terra non deve girare intorno al sole” questo nella realtà andrebbe a tradursi in “la società si impone un impegno per far sì che la Terra non giri intorno al sole” o più prosaicamente “dobbiamo fare in modo che la Terra non giri intorno al sole”. Ovviamente, fintanto che non inventeremo un modo per impedire che la Terra giri intorno al sole, questo discorso è pura assurdità.

7 03 2014
Raffaele

Io sono un INTP, sono membro del Mensa USA e a tre test di Cattell ho conseguito un punteggio medio di 159,4. Dunque? Ciò fa di me una persona autorevole? Io dico tonnellate di cazzate, come d’altronde accade anche a te. Non è che se hai preso dieci e lode spesso, ciò fa di te un esperto su tutto lo scibile umano. Per quanto mi riguarda, le mie lauree e i miei attestati con su paroloni importanti li uso per incartare il pesce. Quindi, caro Cockring, non fare tanto il brillante perché te lo ridico: stai dicendo cazzate. Le mie offese derivano principalmente dalla noia dei dibattiti italiani riguardanti la questione animale. Da una parte abbiamo dei vegani che si sono bevuti il cervello e credono a qualunque stronzata pseudoscientifica che gli viene propinata, dall’altra abbiamo dei figlioletti di Piero Angela come te che hanno le facoltà argomentative di un prete di campagna.

Allora, caro Cockring:

(1) La differenza tra controesempio e argomento è certo semantica. Senza usare paroloni, la differenza sta proprio nel significato. E infatti tu non ne conosci la differenza perché il confronto tra creazionista ed evoluzionista non c’entra proprio per niente. Infatti ti dico, offrimi una definizione coerente per dirmi cosa sta nel dominio degli agenti morali, cosa sta nel dominio dei pazienti morali, cosa sta nel dominio di ciò che non è né agente morale né paziente morale. A me non me ne frega se scandalizza considerare “paziente morale” un animale non umano al pari dei diversamente abili e dei neonati. Fintanto che la definizione non è soddisfacente, ho tutto il diritto di considerare gli animali umani dei pazienti morali. Non è un cavillo o un vizio e se sei convinto del contrario non sarò certo io a farti cambiare idea. Puoi credere a ciò che ti pare.

Parte 1: “Gli esseri umani realizzano normalmente capacità cognitive immensamente superiori agli animali, grazie alle quali partecipano alla pari nella società umana.”

Quindi? Qual è il nesso causale tra “realizzare capacità cognitive immensamente superiori” e disporre degli animali?

Parte 2: “Si sceglie in via di principio di attribuire agli umani diritti peculiari in virtù di queste particolari capacità che solo essi presentano; poiché tuttavia queste capacità umane variano in modo continuo con l’età, le condizioni, la fisiologia e la patologia, e sono difficilmente valutabili in modo preciso come sarebbe necessario per applicare il diritto, come criterio applicativo di questo principio si utilizza l’appartenenza alla specie umana, più facilmente identificabile e infinitamente meno variabile.”

Quindi? Qual è il nesso causale tra identificare come pragmaticamente valido tale principio e disporre degli animali?

Parte 3: “Questo criterio è scelto in virtù della facilità con cui si applica e del fatto che ricalca il principio ideale piuttosto fedelmente rispettando un principio di prudenza.”

Ancora: quindi? Dov’è che questo principio giustifica a disporre degli animali non umani? Converrai con me che esiste una leggerissima differenza tra cose innervate di nocicettori più o meno rudimentali e cose innervate di clorofilla. Lo saprai meglio di me, spero.

(2) Se ritieni che il controesempio riguardante i casi marginali è l’elemento fondante del conseguenzialismo edonistico di Peter Singer, benissimo: scrivici un articolo sul giornaletto della parrocchia. Al massimo, verrai retwittato da papa Francesco. Ti inviterei però a sfogliare la fonte: http://plato.stanford.edu/entries/moral-animal/ e a fare qualche approfondimento in più.

(3) Dici che la morale non è una teoria astratta. Io ti rispondo che nel frattempo Von Neumann è morto una seconda volta. Infatti la struttura modale dell’etiche deontologiche è isomorfa alla struttura modale delle teorie epistemologiche. Lo so sembra una supercazzola a un italiano che la mena con Kant per parlare di etica (francamente possiamo sotterrare Kant, con buona pace dello storicismo italiano), ma un sistema morale in cui introduco operatori come “è permesso” ed “è obbligatorio”, tali operatori sono intertraducibili con operatori come “è possibile” ed “è necessario”. Quindi, per quanto possa sembrare strano, la struttura formale di proposizioni come “è necessario che Terra giri intorno al Sole” mantiene le stesse proprietà logiche di “è obbligatorio che l’agente morale agisca a vantaggio proprio e altrui”.

(4) Se una cosa in pratica funziona non vuol dire che è logicamente accettabile. Per esempio il fenomeno religioso è un dispositivo sociologico atto a dare coesione a più o meno grandi gruppi umani. Ma spesso ha conseguenze inaccettabili e obbliga alla soppressione di alcuni individui dello stesso gruppo per migliorarne la coesione.

(5) La fallacia naturalistica c’entra, ma da quel che ho capito la tua impostazione è la jurassica impostazione kantiana, quindi devi ancora affrontare il dibattito del XIX e XX secolo per apprezzarne il senso.

7 03 2014
lostranoanello

No, fa di te uno che verosimilmente racconta cazzate XD
E ho anzi il sospetto di sapere anche chi potresti essere, ma non ha importanza 😛

Allora, fermo restando che se mi chiami di nuovo Cockring il tuo prossimo commento sparisce (lo dico prima così non è una censura imprevista ^^) ti rispondo che io conto di avere lettori abbastanza intelligenti da capire che quello che stai dicendo non c’entra niente.

1)
Il nesso fra tutte le cose che dici e le conseguenze morali c’è, ma è molto indiretto. Ovviamente non lo puoi capire, perché sei una mente gravemente disordinata.
Una mente ordinata legge il mio articolo come una confutazione dell’argomento dai casi marginali. Non come un argomento pro-superiorità umana o roba simile. Quello è un altro paio di maniche, e se vuoi ti passo i miei articoli in proposito… Ma ci ho scritto tanto che dovresti saperli trovare perfettamente da solo.
Adesso tu ti stai mettendo a criticare quel determinato principio ispiratore. Liberissimo, posso risponderti (e ti darò una risposta brevissima infatti) anche nel merito della scelta di quel principio, ma io in quest’articolo mi limitavo a dimostrare che l’argomento dai casi marginali, usato allo scopo di individuare contraddizioni nella scelta umanista, NON REGGE. Punto.
Ciò detto, la parte che evidentemente non hai compreso della mia etica è che essa non è una questioni di enti, ma di relazioni fra enti. Di per sé avere certe capacità cognitive non conta assolutamente niente. Di più, NESSUNA CARATTERISTICA DI NESSUN TIPO di per sé garantisce di essere agente o paziente o cazzi e mazzi. Tuttavia possedere determinate capacità cognitive consente un determinato sistema di relazioni e rapporti di potere, ovvero una particolare dimensione sociale, all’interno della quale si impone la necessità di norme di comportamento, ovvero una morale.
Ma non è che siccome sei intelligente allora “hai diritto”; e chi te lo dà il diritto, Dio? Solo che siccome sei intelligente io invece di lottare all’ultimo sangue con te nel tentativo di macellarti avrò più convenienza nel trovare un accordo di convivenza. È una questione di relazione… e infatti c’è anche caso che tu sia intelligente e avanzato dal punto di vista cognitivo ma non sia disposto ad accordi di convivenza; in questo caso si strutturerà un rapporto conflittuale.

2)
Veramente è Singer a sostenere che le sue argomentazioni valgano indipendentemente dall’impianto utilitaristico che c’è dietro (sul quale non cerchiamo di approfondire perché non c’è nulla da approfondire: metaetica non ce ne sta lì). Per esempio lo fa in “Famine, Affluence and Morality”.
Ma poi basta leggere Liberazione Animale per vedere come sia in sostanza l’unico argomento utilizzato, torna continuamente. O anche in Practical Ethics… quando arriva il momento di dire “questa è una buona ragione per adottare il mio sistema e non quelli di Rawls o Nussbaum” il massimo che sa fare è tirare fuori l’argomento dai casi marginali. Se cerchi in Singer un altro punto di appoggio per giustificare il suo utilitarismo… non ne trovi, obbiettivamente non ci sta altro. Anche per esclusione resta solo quello 😛
Poi a me non importa di apparire sulle riviste di filosofia (se accadrà non mi dispiacerà ma ancora l’ultmo articolo sto aspettando un amico che mi aveva promesso di tradurlo in inglese ed è scomparso :P), perché le legge quasi solo chi ha studiato filosofia e io non cerco la loro approvazione, malgrado mi capiti sovente di averla. Troppo spesso sono persone che non hanno un pensiero proprio e sono convinti di poterselo fare con un collage di quello che hanno letto. Ogni riferimento è puramente casuale.

3) Tu stai esemplificando così bene ciò che detesto negli studenti di filosofia che sono davvero portato a credere che tu sia una certa persona che mi conosce bene e si diverte a cercare di farmi incazzare sotto falso nome…
I neokantiani pubblicano su riviste di filosofia come chiunque altro. Ovviamente non in tutti gli ambienti vanno egualmente di moda, per cui alcuni diranno fino alla morte che i neokantiani sono scemi, mentre nell’ambiente adeguato troverai gente che li adora. Ho beccato uno che non ama il kantismo, ma uno che seppellisce Kant non l’ho ancora trovato e non lo troverò mai, come non troverò mai qualcuno che seppellisca Hegel o Aristotele. Dal punto di vista storico nella filosofia non esiste il cestino, nessuno viene mai tagliato fuori e sorpassato. Quello semmai succede nella scienza, in parte.
Chi non capisce questo punto fondamentale diverge nei due atteggiamenti opposti: il primo credere che siccome nessuna teoria filosofica è mai storicamente sorpassata, allora sono tutte uguali. Non è il tuo caso. Il secondo il credere che se una teoria filosofica va più di moda adesso allora è quella giusta. Altra stronzatona, e sembra essere il tuo caso. Von Neumann può morire tutte le volte che vuole per quanto mi riguarda, se Von Neumann pensa che abbia senso formulare una prescrizione morale nella forma “la Terra deve girare intorno al sole” vuol dire che Von Neumann faceva meglio a non parlare di morale.
Un isomorfismo logico formale nulla dice sul significato dei termini (che è per definizione lasciato FUORI dalla logica formale), e infatti una volta c’era una filosofia analitica che si interessava di più alla questione della definizione dei termini… “è necessario” è un modo dire che presuppone il possibile. Se non è possibile, non è necessario. Per questo non puoi dire “è necessario che la Terra non giri intorno al sole”, non si pone il “possibile”, non si pone un’alternativa, non si pone una scelta, dunque non si pongono dilemmi etici (l’etica attiene al costume, al comportamento). In realtà un’analisi più attenta delle proposizioni morali rivela altri significati e sottointesi nascosti, perché “doveroso” non necessita soltanto del “possibile”, ma anche del “fattibile”, ovvero la prescrizione non deve solo essere possibile, ma realizzabile tramite l’azione degli agenti morali.
Poi le proprietà logiche formali ci fottono tanto quanto, la forma va riempita di contenuti, quelle due frasi che porti ad esempio NON SONO LA STESSA FRASE, e non contengono entrambe prescrizioni morali. Prima di capire se la sfera del dover essere è isomorfa a quella dell’essere o altri diletti da matematici, bisogna capire il senso dell’espressione “dover essere”, che immagine o che sensazione o che sequenza di eventi o comportamenti scatena la parola “dovere”. Senza questo riferimento originario è inutile andare a guardare le strutture logiche.
Il tuo non è un argumentum verbosum, più che altro una red herring. Però sì, l’hai resa anche abbastanza verbosa.
4) Allora è sbagliata la logica, bello mio. Guarda che è il cervello che si è evoluto per aiutarci a gestire l’ambiente, non è l’ambiente che deve adattarsi al cervello. Se la pratica differisce dalla teoria, è la teoria che sbaglia.
5) Il che ci dà misura di cosa hai capito. Un membro virile.
Perdonami, ma davvero kantiano non me l’aveva mai detto nessuno. Non dopo aver letto tre righe di quello che ho scritto.

8 03 2014
Raffaele

In effetti ritenevo che C******* fosse sottoinsieme del concetto di “strano anello”. Peccato. Posso chiamarti Alfredo? Così, tanto da avere un interlocutore a cui dare un nome.

Allora, Alfred:

sul punto (1) ho capito e abitiamo su universi diversi, proprio come impostazione metodologica. Ma tant’è. Non starò qui a tirarti riflessioni disordinate sul perché l’impostazione analitica è migliore dell’impostazione kantiana (?). Inoltre, la storia dei casi marginali come dici: NON REGGE. Ti invito pertanto a formulare il tuo fantastico e sintetico argomento sui casi marginali e sottoporlo a The Monist o al Journal of Philosophy il prima possibile perché verresti annoverato tra i più brillanti filosofi morali del secolo. Davvero, così non ti baserai sulle mie riflessioni campate in aria e avrai una valutazione da una comunità di specialisti in materia. E poi, (2), tu sei un brillantone con un pensiero proprio che non fa collage di altri (qui siamo davvero al delirio di onnipotenza, davvero). Ora io non so quali difficoltà sociali possa aver incontrato o subito, ma dopo aver letto “Troppo spesso sono persone che non hanno un pensiero proprio e sono convinti di poterselo fare con un collage di quello che hanno letto. Ogni riferimento è puramente casuale.” mi è venuto da abbracciarti e dirti che, nonostante le divergenze ideologiche, potrai sempre scrivermi e trovare in me un sostegno. Sono serio, davvero.

Per il (3) devo chiedere l’intercessione di Moira Orfei per capire cosa hai cercato di dirmi. Ora, il pensiero di Kant e il neokantismo sono percorsi di ricerca filosofica sicuramente promettenti e interessanti per ricevere una robusta formazione intellettuale. Non sono naturalmente impostazioni prive di gravi difetti. Sarebbe come studiare algebra con gli appunti di Dedekind o geometria con gli Elementi di Euclide. Sicuramente, puoi maturare un punto di vista molto solido in algebra e geometria (come metodo), ma per affrontare problemi su cui si è riflettuto a lungo che hanno subito variazioni consistenti grazie a scoperte scientifiche, tecnologiche, sociologiche, ecc., è difficile poter offrire risposte soddisfacenti. Sarebbe davvero come interpretare il pensiero politico contemporaneo con Hegel. Alcuni ancora ci credono, ma è davvero un’allucinazione intellettuale. Poi sono d’accordo che in filosofia non esiste un cestino dove buttare le idee del passato, la storia della filosofia è una collezione di modelli formidabili. Non è però pensabile di poter offrire risposte precise con Aristotele, semmai un suo argomento può risultare interessante e puoi RIFORMULARNE il significato attualizzandolo. Ma non è più Aristotele, è un’altra cosa.

Da quando dici “Un isomorfismo logico formale…” …a “Però sì, l’hai resa anche abbastanza verbosa.” sono francamente in imbarazzo, sai quando ti viene la pelle d’oca perché un tuo amico sta facendo qualcosa di particolarmente stupido e t’immedesimi? Ecco più o meno quello. Quindi, ho cercato delle introduzioni alla logica modale, ma forse converrebbe farti raccontare prima qualcosa da qualcuno che l’ha studiata, così, tanto per farti un’idea un po’ più precisa. Francamente, non è possibile dare una risposta a quello che hai scritto. Poi quando finisci la tua arringa con qualche sfottò razionalisticheggiante è ancora più imbarazzante. Brrr.

Sul punto (4), ok. D’accordo, come vuoi. Ah, e anche sul punto (5), ok.
Rimango disponibile per una cena assieme, faccio un guacamole da urlo.

8 03 2014
lostranoanello

– Non credo ci sia bisogno di questa mia critica specifica all’argomento perché è in gran parte del tutto simile a quella di una filosofa di non ricordo dove. Contrariamente alla maggior parte di quelli che pubblicano, io credo che si debba pubblicare pensiero completamente originale. E credo che ormai sia una cosa che praticamente non esiste più perché si è detto un po’ tutto in filosofia.

– Ogni riformulazione di un pensiero di un autore è un’attualizzazione, ovvero una reinterpretazione di chi legge. O sei uno di quelli che credono che le parole permangano nel tempo? XD

– Vedi come ricadi perfettamente nell’esempio del creazionista? Guarda, non ho alcun problema a dire che la terminologia che uso potrebbe non essere la stessa tua, ma non ha alcuna importanza. Scimmie e primati, potato potato. Hai capito tutto e benissimo, il resto è argomento ad personam.
Tu sei molto ironico (il che consolida un po’ i miei sospetti sulla tua identità :P), ma sai benissimo che ciò che sto dicendo è esatto. Come dimostra il fatto che in effetti non vi rispondi mai, non vi hai risposto all’inizio, non stai rispondendo adesso, non risponderai più avanti.
Ora, la storia che non si può rispondere è una stronzata. Si può rispondere a tutto, passo la vita a rispondere agli animalisti che dicono che la sperimentazione animale è inutile perché uomo e animale sono tropo diversi; se anche fosse vero che ho detto cose abominevoli tu potresti senz’altro rispondere. Non lo fai. Il che ci dice una cosa molto precisa, o forse due 😛
Ricapitoliamo? Volevi rispondere a tutti i costi. Ma non avevi voglia di affrontare un dibattito filosofico serio. Da qui il tentativo di ridurre l’avversario (che pure ti ha punto sul vivo se hai dovuto rispondere) a “un profano che non merita”. Il solo problema è che in filosofia in realtà i profani non esistono, poiché come diceva Schopenhauer è la disciplina che non dà nessuna conoscenza di base per scontata.
Isomorfismo logico formale non ti piace? Prego, chiarifica il tuo problema con l’espressione, i termini tecnici mi importano relativamente poco e ci si può accordare. Il punto tuttavia è chiarissimo, hai voglia a rifugiarsi nella semantica: “dover essere” è un espressione che prescrive comportamenti. Una volta che mi avrai spiegato che comportamento prescrive e a chi la formulazione “la Terra è obbligata a girare intorno al sole”, il tuo punto di vista risulterà accettabile. Per il resto è una supercazzola.

Vedi, c’è un problema fondamentale per cui non posso avere stima per te. Io, ribadisco, NON RICONOSCO L’ESISTENZA DI SPECIALISTI IN FILOSOFIA.
Per avere specialisti in qualcosa dev’esserci un campo di conoscenze in crescita che si appoggiano necessariamente sulle conoscenze precedenti. Questo imporrebbe, per poter procedere su quella strada, l’assimilazione di tutto il percorso fatto fino a quel punto, onde poter riprendere esattamente da dove gli altri sono già arrivati. SI fa così in scienze naturali, perché gli esperimenti già fatti sono troppi per essere ogni volta ripetuti e le scoperte troppe per essere rifatte da capo, e analogamente succede per la matematica; ripartire da dove sono arrivati gli altri è indispensabile perché la nostra vita sarebbe troppo breve per rifare tutto.
Ma la filosofia NON E’ COSI’, perché non ha conoscenze indispensabili. La filosofia è una discipline delle domande eterne e fondamentali di ogni uomo, domande sulle quali non si raggiungono mai né consenso né soluzione definitiva. Non esistono e non potranno mai esistere specialisti in filosofia la cui autorità vada riconosciuta.
Infatti fino all’emancipazione delle scienza naturali e la specializzazione dei saperi la figura del filosofo era immancabilmente sovrapposta con quella dello scienziato. Poi arriviamo suppergiù ad Hegel, e da lì i filosofi devono inventarsi qualcosa per campare di pura astrazione… da lì si inizierà a dire che la filosofia te la devi studiare. Direi che è Hegel, il secchoncello, il colpevole fondamentale: lui sapeva solo tirare le somme di quanto detto prima di lui, quindi ci impose di credere che la filosofia fosse un progresso in cui il più bravo è chi tira le somme.
No. Non è così. Tu conosci un po’ di storia di filosofia e della logica, un po’ di terminologia filosofica. Ti posso riconoscere questa autorità, al massimo da te mi farò insegnare come spiegare i miei concetti a gente che è abituata a quei termini… ma non hai NESSUNA autorità per insegnarmi come inanellare logicamente i pensieri. Ficcatelo in testa, bello 😛
Io faccio le mie deduzioni e chiarisco i miei pensieri, se non sei d’accordo non sei minimamente in grado di mettermi a tacere perché non uso la tua terminologia o perché non pubblico sulle riviste che leggi solo tu. Non funziona così, puoi prendere tutte le lauree che vuoi ma non avrai mai la sacerdotale priorità sul pensiero che sogni.
Tu dici che forse ci sono scoperte scientifiche o sociologiche che hanno un particolare peso filosofico. Mi sento di negarlo recisamente, visto che il fondamento delle scienze è il METODO, ed esso è codificato dalla filosofia che rispetto ad esso si muove indipendentemente, “trascende”. Ma anche se così fosse, allora non servirebbe affatto essere esperti in filosofia: serverebbe aver studiato di volta in volta biologia, fisica, sociologia, cazzi, cucuzzeddi, ova. Di sicuro non servirebbe a niente aver studiato filosofia analitica o continentale o decostruzionismo.
Il che dev’essere un’idea fastidiosa da elaborare per te… vai a laurearti in filosofia proprio perché speri che così sarai l’unico in grado di pensare, invece l’unica cosa che impari è a citare manuali di logica modale e impantanarti sulla prova dell’esistenza di Dio di Plantinga (capolavoro di logica modale, ma già demolito da Kant quando fu demolito Anselmo attraverso un’analisi dei contenuti…)

8 03 2014
lostranoanello

PS: Che tu mi dia ancora del kantiano comincia a diventare inquietante. Sono serio. Tutta la mia etica è basata sulla critica a Kant… puoi trovarmi a metà strada fra i contrattualisti e i cosiddetti immoralisti, se vuoi collocarmi da qualche parte; dal punto di vista analitico probabilmente preferiresti chiamarmi un “irrealista morale”, vicino alle posizioni di Mackie per esempio… Ma proprio kantiano NO.
La mia critica principale a Singer è in effetti di far propri pedissequamente concetti kantiani come l’universalità della norma… Nonché un problema fondamentale di metodo, e cioè il fatto che proponga un assioma ma non dia motivazioni per accettarlo, laddove gli assiomi non si dimostrano né si confutano, ma semplicemente si accettano o rifiutano…

8 03 2014
lostranoanello

Dai, via, tanto sto ancora sveglio che non ho sonno. Voglio chiarire ancora una cosa: io sospetto che tu voglia di proposito innervosirmi e mi conosca. Ti dico senza difficoltà che effettivamente a darmi ai nervi ci stai riuscendo, perché la cosa che mi dà più sui nervi a questo mondo è la disonestà aperta.
Stai dibattendo con me? Se la risposta è “no, sto cazzeggiando”, tranquillo, posso cazzeggiarti anche io, o al limite anche cancellare tutto più verosimilmente, visto che per i cazzeggi ho facebook. Se invece stai dibattendo con me, ci sono determinate regole per il dibattito: portare gli argomenti, inanellare i ragionamenti in modo coerente, laddove ci sono fatti specifici che vadano supportati con fonti si cita il fatto in questione e la fonte, preferibilmente anche con la pagina e le frasi esatte che riportano questo dato.
Ora, Wittgenstein ormai l’hanno letto tutti e le basi della logica formale ce le ho (e le ho trovate abbastanza inutili, sapevo ragionare prima e non hanno aggiunto nulla alle mie capacità di ragionamento, la trovo più roba da informatici che altro). Ma se anche così non fosse, scrivere e ribadire “tanto non sai, scrivi cazzate, se studiassi ti accorgeresti” è gravemente irrispettoso e direi anche offensivo. Tanto più che a conti fatti si sta rivelando il tu UNICO “argomento”, e NON E’ SUPPORTATO DAI FATTI! Se avessi commesso qualche grosso errore logico, guarda, me ne accorgerei di sicuro, non ne ho fatti; potrei aver commesso imprecisioni terminologiche, ma non credo neanche quello perché alla fin fine ogni filosofo si inventa la sua di terminologia… in ogni caso, in entrambe le circostanze, tutto ciò sarebbe accettabile se supportato da fatti: quale fonte dice il contrario, a che pagina, come la formula. Allora è un discorso serio, come quando ha postato una fonte su Singer (che infatti è stata sbugiardata: non dava nessun sostegno metaetico all’utilitarismo singeriano; da lì probabilmente la scelta di non citarne più e mi aspetto che se ne citerai altre saranno gravemente irreperibili 😛 ). Altrimenti è solo un gioco gratuito a cercare di sminuirmi, a cui non mi sono fatto problemi a rispondere a tono finora come hai visto, perché tanto se bisogna buttarla sul darsi dell’ignorante a vicenda è anche facile nel tuo caso… Ma resta il fatto che mi trascini in una gara di sarcasmo ed insulti, e questo blog invece serve a discussioni di altro genere ed altro livello.
I tuoi interventi sono semplicemente offese personali mascherate. E’ una cosa che riscontro spesso: si formula l’argomento “non ti ascolto perché ti reputo/faccio credere che tu sia ignorante”, che è a tutti gli effetti una fallacia ad personam, facendolo sembrare come una dimostrazione dell’ignoranza dell’altro, che invece viene data per assioma. In pratica, continui a ripetere che sono ignorante ma non lo dimostri in nessuna maniera, anzi pretenderesti che ciò che dico venisse cestinato in virtù di questa ignoranza assunta, non dimostrata e ancora peggio nemmeno rilevante (per il discorso che facevo prima: il ragionamento filosofico in realtà non richiede conoscenze specifiche di base, anche se alcune conoscenze possono essere ausiliarie). Questo è sostanzialmente un tentativo di vincere un dibattito tramite l’insulto, e non va bene. In effetti sto pensando che forse avrei dovuto seguire il mio primo istinto e rimuovere subito il primo commento che hai postato una volta capito il trolling…
Mi sono lasciato tentare dall’amore per la discussione filosofica, che a volte mi è utile per perfezionare i miei argomenti, trovarvi delle falle o anche migliorare solo il modo in cui li spiego. Ma questa che si sta sviluppando non è una discussione, al punto che sono veramente tentato di fare la mossa di Asinus Novus (troncare tutto a forza).

8 03 2014
Raffaele

Senti, Giordano Bruno, relax; dici che dovrei scriverti questo commento in volgare?

Comunque, non è possibile rispondere a fiumi di parole senza prima essersi accordati sul lessico e sulle premesse. Tu pensi spesso a cose in parte pertinenti e in parte assolutamente campate in aria. Sarebbe come prendere del vino, mescolarlo con la merda, e pretendere poi che il tuo interlocutore ne apprezzi il gusto. Come è possibile fornire risposte a ‘sta roba? Fai spesso discorsi troppo retorici, le premesse non si distinguono da un mare di puntualizzazioni irrilevanti.

Tipo “Quello che diciamo quando diciamo che “gli umani sono soggetto di diritto” è che abbiamo un principio ispiratore che è la ragionevolezza/linguaggio, ovvero la capacità di accordarsi secondo norme di vita in comune;”

Ma che cosa vuol dire? Non si capisce se fai riferimento a un’umanità stipulata a tavolino o a casi felici della storia dell’uomo. Perché numerose colonie britanniche non avevano per nulla la capacità di accordarsi “secondo norme di vita comune”; cazzo erano culture diversissime. E allora come fai a identificare un principio comune? Ma poi, è pertinente ciò che ti sto rispondendo? Francamente non lo so, perché le tue affermazioni non sono chiare.

Inoltre, dal tuo punto di vista “Aristotele docet” quando dice:

“le azioni, quelle generali sono di più larga applicazione, quelle particolari più ricche di verità, giacché le azioni riguardano casi particolari, e occorre che la teoria si accordi con essi.”

Beh, ma ovviamente, direi. L’etica a Nicomaco è fondamentalmente un trattato speso a difendere un’idea contrapposta alla Repubblica platonica: desumere il generale dal particolare. Ma è un’impostazione metodologica, non è un Ipse Dixit. Infatti Aristotele difende un’idea strategica dell’azione morale e non immutabile tramite un assunzione incontrovertibile; e porta appunto esempi riguardanti l’abilità dello stratega e dell’uomo di stato. Ma sai qual è la cosa paradossale? è che il conseguenzialismo prende le mosse proprio da impostazioni come queste. L’idea di valutare un sistema etico in base alle conseguenze che esso possa portare in un certo contesto è alla base di numerose “intuizioni aristoteliche”. Ti dirò di più, l’idea di Singer – che poi è tratta in parte da Mill e Hume – è l’idea secondo cui numerosi casi particolari suggeriscono che il criterio “provare dolore” sia una condizione interessante per costruirvi un sistema etico. Come faccio a dimostrarti questa cosa? Boh, se io non so nulla di analisi è difficile che io possa riassumerti cosa significa “simmetria del momento angolare dell’elettrone”. Come faccio in un commento su WordPress?

Tu sbrodoli per centinaia di paragrafi e poi chiedermi “Hai visto?”. E io che potrei rispondere? O non rispondo oppure, come nel tuo caso, vengo qui a sfotterti – e come posso non essere ironico dopo aver letto così tante follie? Io posso cercare di fornire risposte precise a questioni precise. Qua invece ci sono idee promettenti affogate in un mare di pensierini contorti.

A questo punto cerchiamo di rilassare il tuo intestino. Visto che fai microcose di chimica ti porgo soltanto una semplice analogia. Se volessi scrivere un articolo sul funzionamento della PCR (quella roba che sdoppia il DNA per poi farci l’elettroforesi) e iniziassi l’articolo dicendo che “secondo me la polimerasi ha un po’ di legami chimici ed è evidentemente folle sperare di ottenere molecole da legami non covalenti, non è forse il pensiero di tanti beceri chimici organici?”, tu che potresti rispondermi? Diresti che l’autore dell’articolo è andato a studiare chimica da Ezio Greggio.

Ora, credo che tu abbia la percezione degli studi filosofici al pari di un laureato in biologia che entra da Barnes&Noble, compra Hegel, e il giorno dopo apre un blog e pontifica sull’assurdità degli stati nazionali. Si tratta della sindrome comune di chi si avvicina agli studi filosofici, si ritiene – dopo qualche settimana – di poter padroneggiarne il lessico e lo stile di ragionamento. In realtà non è assolutamente così, innanzi tutto è necessario per lo meno distinguere le fallacie e i para-argomenti. Nel tuo caso, vedo citazioni su fallacie in maniera del tutto random e non sai distinguere valutazioni personali dagli argomenti.

Infatti nell’articolo dici: “La nostra norma non deve e non può avere la purezza formale perfetta e la generalità assoluta che ci permetterebbero di applicarla in qualsiasi circostanza immaginabile, deve piuttosto essere una prescrizione di buon senso che possiamo applicare nelle nostre scelte di tutti i giorni.”

Cioè ti rendi conto che fai appello al buon senso? Cioè usi decine di parole per dire quello che pensa uno che non ha mai pensato in vita sua; al bar sotto casa forse puoi trarre insegnamenti più proficui. Cosa vuoi dire con “buon senso”? Morale del senso comune? A cosa ti riferisci? In realtà per testare una norma morale si assume che valga in ogni caso concepibile. Maggiore è il numero di casi che riesce a prescrivere, maggiori sono le possibilità di farci qualcosa; ma attenzione il rapporto è sempre non commutativo “particolare”:”generalizzazione del particolare”. Se io dicessi infatti di trattare casi uguali in modo uguale, la cosa non ti scandalizzerebbe no? Per la saturazione di una soluzione x, immagino che tu supponga che, a parità di condizioni, valga sia a Los Angeles che a Mosca. Non fai riflessioni sulla cultura scolastica dei chimici che l’hanno preparata o sul fatto che ha Mosca usano matracci comprati da persone che smerciano in armi. Dal punto di vista scientifico tutte queste considerazioni sarebbero irrilevanti. O sbaglio? Allo stesso modo, l’etica contemporanea cerca generalizzazioni valutando certe condizioni di possibilità dell’azione morale; ma cercare una generalizzazione non vuol dire dimenticarsi dei casi specifici da cui si è provato a dedurre un ragionamento. Vedasi, variazioni sul tema del dilemma del prigioniero, o sofisticate casistiche legate al “trolley problem”.

Poi mi dici che hai letto Wittgenstein per apprendere qualche nozione di logica che già sapevi liquidandola come “informatica”. Qui davvero abbiamo perso la Trebisonda. Perché a questo punto sono io a sentirmi preso in giro. Semplicemente perché tutte le tue sottolineature sulla tua razionalità e sulla tua abilità logica sono per me concetti vuoti. Come quando telefoni ad Antonio che si spaccia per idraulico, lo chiami a casa, ti spacca l’impianto idrico e alla fine ti dice: “Sì, però io sono un idraulico!”.

E arrivi, sfacciatamente, a darmi pure del disonesto. Qui siamo ai livelli del sito Unione Cattolici Criceti Riformati. Quando tu tiri scemi i tuoi interlocutori con una verbosità incomprensibile. Dovresti invece, dal mio punto di vista, scrivere come a un corso di robe scientifiche. Quando ti chiedono di essere pertinente. Perché qua davvero stai scimmiottando James Joyce.

A questo punto isoliamo un problema visto che tu mi parli di buon senso. Si tratta della prima lezione di etica in una qualunque università americana.

Bene, situazione ipotetica (tratta da un caso reale):

“Frank e Anna hanno un figlio, John. John è affetto da una grave malattia al fegato e solo un trapianto potrebbe salvarlo. Frank e Anna vengono avvicinati da Robert, responsabile di un’azienda di Import/Export, che offre loro l’opportunità di trovare un fegato compatibile con quello di John in tempi brevissimi. L’inconveniente è che da qualche parte nel mondo un ragazzo dell’età di John verrà rapito, sedato e ucciso per poter così procedere all’espianto del fegato. La professionalità di Robert garantisce che: (a) nessuno verrà a conoscenza dell’operazione; (b) che il ragazzo non si accorgerà praticamente di nulla perché non appena avvicinato verrà addormentato con l’etere; (c) la lunga esperienza di Robert permette di identificare soggetti orfani la cui scomparsa non allerterà alcun familiare”.

Se tu fossi Frank o Anna, come ti comporteresti?

Naturalmente esistono numerose variazioni sul tema. Ma questo caso secondo me è fondamentale per arrivare, dopo un bel po’ di discussione in merito, alla formulazione dei casi marginali. Ma non serve parlare di accanimento di Singer. Il dibattito filosofico nei paesi anglosassoni è fatto di piccolissimi argomenti a cui man mano si risponde formulando eventuali controesempi o migliorandone le premesse. Qua invece spesso è autocompiacimento.

E ora fai quello che ti pare, se vuoi sbrodola ancora. A quel punto interverrò per darti i miei:

Ossequi.

8 03 2014
lostranoanello

Come è possibile fornire risposte a ‘sta roba? Fai spesso discorsi troppo retorici, le premesse non si distinguono da un mare di puntualizzazioni irrilevanti.

Ma guarda che sei tu che non le distingui, eh XD
Dovresti confrontarti con gli altri e chiederti se sia o non sia un problema tuo…

Tipo “Quello che diciamo quando diciamo che “gli umani sono soggetto di diritto” è che abbiamo un principio ispiratore che è la ragionevolezza/linguaggio, ovvero la capacità di accordarsi secondo norme di vita in comune;”
Ma che cosa vuol dire? Non si capisce se fai riferimento a un’umanità stipulata a tavolino o a casi felici della storia dell’uomo. Perché numerose colonie britanniche non avevano per nulla la capacità di accordarsi “secondo norme di vita comune”; cazzo erano culture diversissime. E allora come fai a identificare un principio comune? Ma poi, è pertinente ciò che ti sto rispondendo? Francamente non lo so, perché le tue affermazioni non sono chiare.

Se tu ti disturbassi a leggere anche ALTRI articoli avresti la visione coerente della cosa. Non puoi pretendere che OGNI passaggio sia giustificato, ci vorrebbero dieci pagine solo per giustificare quello. Se avessi letto almeno la pagina “su di me” avresti capito un attimino come va affrontata la lettura di questo blog.
Peraltro continui a trattarmi come se io stessi dicendo cose assolutamente originali (che per te è tipo il peggiore insulto della Terra)… spero che in parte lo siano, ma obbiettivamente il contrattualismo non è una roba nuova, né lo è l’immoralismo.

Inoltre, dal tuo punto di vista “Aristotele docet” quando dice:
“le azioni, quelle generali sono di più larga applicazione, quelle particolari più ricche di verità, giacché le azioni riguardano casi particolari, e occorre che la teoria si accordi con essi.”
Beh, ma ovviamente, direi. L’etica a Nicomaco è fondamentalmente un trattato speso a difendere un’idea contrapposta alla Repubblica platonica: desumere il generale dal particolare. Ma è un’impostazione metodologica, non è un Ipse Dixit. Infatti Aristotele difende un’idea strategica dell’azione morale e non immutabile tramite un assunzione incontrovertibile; e porta appunto esempi riguardanti l’abilità dello stratega e dell’uomo di stato.

Io non uso l’ipse dixit. Citare un autore non significa usarlo come autorità, significa solo dire “guardate che era stato già detto da qualcuno che l’aveva detto meglio di me”.

Ma sai qual è la cosa paradossale? è che il conseguenzialismo prende le mosse proprio da impostazioni come queste. L’idea di valutare un sistema etico in base alle conseguenze che esso possa portare in un certo contesto è alla base di numerose “intuizioni aristoteliche”. Ti dirò di più, l’idea di Singer – che poi è tratta in parte da Mill e Hume – è l’idea secondo cui numerosi casi particolari suggeriscono che il criterio “provare dolore” sia una condizione interessante per costruirvi un sistema etico. Come faccio a dimostrarti questa cosa? Boh, se io non so nulla di analisi è difficile che io possa riassumerti cosa significa “simmetria del momento angolare dell’elettrone”. Come faccio in un commento su WordPress?

Tranquillo, non la dimostra neanche Singer. La mia critica fondamentale a Singer infatti è quella, non dimostra niente, e invece afferma di farlo. Inoltre, de facto, utilizza la sua massima del “diminuire la sofferenza” come imperativo categorico. Ma con chi parlo, tu non l’hai letto Singer!

Tu sbrodoli per centinaia di paragrafi e poi chiedermi “Hai visto?”. E io che potrei rispondere? O non rispondo oppure, come nel tuo caso, vengo qui a sfotterti – e come posso non essere ironico dopo aver letto così tante follie? Io posso cercare di fornire risposte precise a questioni precise. Qua invece ci sono idee promettenti affogate in un mare di pensierini contorti.

Ancora: non ti salta in mente per un istante che sia un problema tuo che 1) non riesci a mettere insieme i pezzi e 2) non riesci a cogliere l’essenziale di un argomento?
A me piace espandere e precisare su quello che dico, ma la sostanza di questo articolo, che a te sfugge senza speranza, è la seguente: “qualsiasi principio ispiratore di una norma morale, per quanto perfetto in astratto, viene applicato necessariamente attraverso un criterio rigido che è da esso distinto”.
Ho fatto l’esempio chiarificatore del voto a 18 anni, ne vuoi un altro? Il principio “i ricchi devono pagare più tasse”. Ok, accettiamolo, magari è buono… e quindi vai ascrivere sul codice “i ricchi devono pagare più tasse”? No, stabilirai dei confini precisi, tipo “chi guadagna più di 10000 euro al mese paga il doppio”. Certo uno che ne guadagna esattamente 10001 sarà un po’ sfigato, un euro in meno e pagava la metà; ma questo non significa che non sia legittimo fare una differenza fra chi guadagna tanto e chi guadagna poco, è l’argomento del sorite.

A questo punto cerchiamo di rilassare il tuo intestino. Visto che fai microcose di chimica ti porgo soltanto una semplice analogia. Se volessi scrivere un articolo sul funzionamento della PCR (quella roba che sdoppia il DNA per poi farci l’elettroforesi) e iniziassi l’articolo dicendo che “secondo me la polimerasi ha un po’ di legami chimici ed è evidentemente folle sperare di ottenere molecole da legami non covalenti, non è forse il pensiero di tanti beceri chimici organici?”, tu che potresti rispondermi? Diresti che l’autore dell’articolo è andato a studiare chimica da Ezio Greggio.

Io non sono chimico. Prova con un’analogia biologica.
Avrai vita difficile comunque, ho una certa esperienza nella divulgazione scientifica e volgarizzare concetti complessi è la mia specialità. Ciò detto, certo che è possibile volgarizzare la chimica organica, come si può volgarizzare la filosofia matematica o la fisica dei quanti… ho studiato in un ambiente alquanto interdisciplinare e in realtà le chiacchierate coi filosofi, coi fisici, coi chimici e coi linguisti sono state sempre all’ordine del giorno per me. Lanci accuse cui ancora una volta nei fatti non sei in grado di fornire basi solide. Pretendi anzi che si reggano da sé e il resto si basi su di esse… mi meraviglio che tu non ti renda conto di ciò.

Ora, credo che tu abbia la percezione degli studi filosofici al pari di un laureato in biologia che entra da Barnes&Noble, compra Hegel, e il giorno dopo apre un blog e pontifica sull’assurdità degli stati nazionali. Si tratta della sindrome comune di chi si avvicina agli studi filosofici, si ritiene – dopo qualche settimana – di poter padroneggiarne il lessico e lo stile di ragionamento. In realtà non è assolutamente così, innanzi tutto è necessario per lo meno distinguere le fallacie e i para-argomenti. Nel tuo caso, vedo citazioni su fallacie in maniera del tutto random e non sai distinguere valutazioni personali dagli argomenti.

Studio filosofia da dieci anni ormai, per conto mio. Mi rifiuto di riconoscere autorità nel pensiero filosofico. Non ti riconosco come autorità, non riconosco l’autorità di nessuno in filosofia, per le ragioni che ho già detto. Nessuno può insegnarmi filosofia, e se che io riconosca l’esistenza di simili “autorità filosofiche” è presupposto fondamentale per te per continuare la discussione (o meglio il tuo j’accuse) te ne devi andare. Non hai altra scelta, stai perdendo il tuo tempo, e quel che è peggio mi stai facendo perdere il mio.
E onestamente è colpa tua, perché se io posso dibattere coi profani di argomenti scientifici, figuriamoci se non possiamo discutere di argomenti filosofici. Sei come quegli scienziatoni che si fanno odiare da tutto l’universo perché loro “ne sanno” e credono di non doverne dare conto a nessuno; con l’aggravante che tu fai filosofia, e in filosofia, ripeto, non c’è davvero niente da “sapere”. O vuoi un ipse dixit di Kant per convincertene?
Perché sai qual è la cosa buffa? Che tutti ‘sti studenti sbarbatelli che vogliono la “pubblicazione filosofica” per reputarti degno di ascolto dopo l’ipse dixit lo rifiutano. Un po’ strano, no?
Naaah… se non ti sei accorto finora della dissonanza in tutto ciò non te ne accorgerai adesso.

Infatti nell’articolo dici: “La nostra norma non deve e non può avere la purezza formale perfetta e la generalità assoluta che ci permetterebbero di applicarla in qualsiasi circostanza immaginabile, deve piuttosto essere una prescrizione di buon senso che possiamo applicare nelle nostre scelte di tutti i giorni.”
Cioè ti rendi conto che fai appello al buon senso? Cioè usi decine di parole per dire quello che pensa uno che non ha mai pensato in vita sua; al bar sotto casa forse puoi trarre insegnamenti più proficui. Cosa vuoi dire con “buon senso”? Morale del senso comune? A cosa ti riferisci? In realtà per testare una norma morale si assume che valga in ogni caso concepibile. Maggiore è il numero di casi che riesce a prescrivere, maggiori sono le possibilità di farci qualcosa; ma attenzione il rapporto è sempre non commutativo “particolare”:”generalizzazione del particolare”. Se io dicessi infatti di trattare casi uguali in modo uguale, la cosa non ti scandalizzerebbe no? Per la saturazione di una soluzione x, immagino che tu supponga che, a parità di condizioni, valga sia a Los Angeles che a Moscablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablabla

Perché ogni tanto scrivi cose che somigliano ad argomentazioni se continui un rigo sì ed uno no ad insultare e basta? A questo punto sono io che non ti rispondo, perché uno non hai capito un cazzo (ci manca che mi dai di nuovo del kantiano e siamo a posto…), due non hai intenzione di stare alle regole di un dibattito onesto, tre vuoi continuare ad usare come argomento cardine il “tu sei ignorante”. Adesso sono io che mi scoccio di rispondere; se volevi dire qualcosa di sostanzioso potevi fare osservazioni pertinenti sin dall’inizio invece di fare “io so ‘ io e voi non siete un cazzo”… e ti rivelo per di più che, mi spiace, non sei un cazzo manco tu.

Poi mi dici che hai letto Wittgenstein per apprendere qualche nozione di logica che già sapevi liquidandola come “informatica”. Qui davvero abbiamo perso la Trebisonda. Perché a questo punto sono io a sentirmi preso in giro. Semplicemente perché tutte le tue sottolineature sulla tua razionalità e sulla tua abilità logica sono per me concetti vuoti. Come quando telefoni ad Antonio che si spaccia per idraulico, lo chiami a casa, ti spacca l’impianto idrico e alla fine ti dice: “Sì, però io sono un idraulico!”.

Ecco appunto. Deciditi, vuoi dibattere o attaccarmi e basta? Voglio una risposta chiara, perché non ti lascerò continuare ad attaccarmi. Il bello di giocare in casa è questo, che se uno non ti rispetta lo puoi cacciare a calci in culo.
Tu mi stai prendendo in giro da dieci commenti, e adesso mi dici che ti senti preso in giro tu? Stai scherzando, secondo me sei davvero un troll, non si spiega se no.
PS: non intendevo che la logica me l’ha insegnata Wittgenstein… anche perché significherebbe riconoscere l’autorità di Wittgenstein, e non la riconosco 🙂

E arrivi, sfacciatamente, a darmi pure del disonesto. Qui siamo ai livelli del sito Unione Cattolici Criceti Riformati. Quando tu tiri scemi i tuoi interlocutori con una verbosità incomprensibile.

“Così ragionano tutti i pesci: ciò di cui non vedono il fondo è senza-fondo.”

Segue esempio di Anna e Frank e Robert o come si chiamano.
Ecco, questo esempio è troppo succoso, mi offre l’occasione per spiegarmi ancora meglio sulla questione, quindi su questo ti rispondo: il metodo di fare etica che tu descrivi è ESATTAMENTE QUELLO CHE IO CONTESTO. Viene posta una situazioni puramente immaginaria e particolarmente complessa da risolversi, e se la sai risolvere allora sei un grande eticista altrimenti non hai capito niente.
Questo è il difetto dell’approccio analitico alla filosofia morale, la trattano come un problema di matematica. Invece è un problema di ingegneria. Io non sono Frank o Anna e non mi serve a granché immaginare di essere Frank o Anna, accettando praticamente per gioco presupposti che nella realtà sarebbero dubbi. A, b, e c sono punti che nessun Robert al mondo potrebbe garantire davvero, per esempio; quando fai una cosa così enorme il rischio di essere scoperti sussiste sempre. Dall’esempio viene tagliato fuori tutto il mondo interiore: io potrei decidere di non fare ciò che Robert suggerisce, ma potrei decidere di non farlo non per un dovere morale, ma perché non me la sento, ad esempio.
Il tuo metodo l’abbiamo capito: lo tratti come un sistema formale in cui devi trovare le leggi assolutamente generali da applicare poi a casi particolari, per questo ti spingerai su esperimenti mentali sempre più complessi che possano mettere in crisi il sistema che hai costruito, come a voler dimostrare quanto perfetto è il sistema … E così perfetto che mi permette di applicare la mia massima anche se viviamo su un pianeta di carciofi senzienti che devono scegliere se abortire i propri semini oppure farsi fare un trapianto d’organi da una scimmie superintelligente che però ha due figli iscritti all’università!
Ci sta una barzelletta qui:
C’è un contadino che ha un allevamento di galline, che però non fanno nemmeno un uovo. Quindi, chiama un fisico perché lo aiuti. Il fisico si mette a fare i suoi calcoli e alla fine dice: “Ho una soluzione! Però funziona solo con delle galline sferiche e in ambiente sottovuoto.”
Non è così che affronto il problema io, io ho un approccio bottom-up.
Ma inutile proseguire, perché mi sembra, e mi auguro, che tu abbia deciso di smetterla con questa pantomima idiota. Quindi tanti saluti e a non rivederci Henry 🙂

8 03 2014
Raffaele

Finalmente ci siamo arrivati: “Viene posta una situazioni puramente immaginaria e particolarmente complessa da risolversi”. Volevo che lo dicessi esplicitamente. Tant’è che tu dubiti delle condizioni che ti viene espressamente richiesto di accettare, perché per te, trovarti nelle condizioni di Frank e Anna, è pressoché impossibile (ti rendi conto?). Sarebbe a dire che buona parte dei rebus nelle ultime pagine della Settimana Enigmistica sono idioti ed è colpa della Settimana Enigmistica se sono idioti.

Aspetta volevo mettere anche qui una massima tratta dal Bignami della biologia per fare il figo… Mi son dimenticato. Sei più bravo tu a fornirmi qualche esergo.

Per te casi documentabili e testimoniati anche qui http://it.wikipedia.org/wiki/Traffico_di_organi non sono da prendere in considerazione. Cioè secondo te è impossibile dare una valutazione sulle condizioni di scelta di Fran e Anna. Eh? Scherzi?

Un’idea del genere fa praticamente collassare ogni richiamo a ipotesi e condizioni controfattuali perché per te, a tua discrezione, impossibili. Via duemila anni di storia del pensiero perché il nostro calabrese che prende il tè alle cinque ha difficoltà a formulare esperimenti mentali.

Comunque sei tagliato per fare Piero Angela.

Sulla questione della differenza tra ipse dixit, autorità e comunità scientifica. Questa differenza esiste, tant’è che io ti invito a formulare la tua idea per una rivista filosofica peer reviewed, in modo tale che non hai l’opinione solo del primo scemo che passa sul tuo fantastico blog che è praticamente la versione italiana di Scientific American XD.

Con la storia delle galline e il tuo approccio bottom-up 😀 (cioè signori “lui ha un approccio bottom-up”, ma siamo alla fiera delle cazzate qua) poi sono davvero rimasto senza argomenti. Hai disarcionato ogni mia facoltà di ragionamento, stanno venendo infatti a prendermi dei signori in camice bianco.

Ossequi.

8 03 2014
lostranoanello

Volevi che lo dicessi esplicitamente? Non ho detto altro nell’articolo XD
caro mio, i rebus si fanno perché sono divertenti, come passatempo. Non perché i rebus salvano il mondo o ti svelano i segreti della filosofia.
L’esperimento mentale può avere un senso, in realtà TUTTI gli esperimenti per propria natura studiano galline sferiche sottovuoto.
Quella è la parte teorica-astratta. La fanno gli scienziati, fisici, matematici eccetera. Poi arrivano gli ingegneri, prendono ‘ste galline sferiche nel vuoto e le trasformano in galline reali in una fattoria; per far ciò introducono variabili e approssimazioni REALI che ad un matematico e ad un fisico risultano inaccettabili.

E’ chiaro che man mano che “cali” in purezza del ragionamento perdi perfezione e generalizzabilità, ma guadagni applicabilità: non ha senso ed è forse impossibile introdurre variabili quantistiche nella descrizione del moto di una pallina che cade dal tavolo, quindi non lo fai: perdi in esattezza astratta-formale, ma descrivi come cade la pallina in modo praticamente utile.

Tu consideri l’etica una disciplina puramente astratta-formale. Per cui, restando sul tema dell’articolo, se io uso come criterio astratto la ragionevolezza e poi calando nel reale “approssimo” per scopi pratici usando il confine di specie, a te non va bene perché possiamo immaginare che esista una scimmia superintelligente in grado di mettere in crisi il nostro principio.
E questo equivale a giocare ai rebus, perché una simile scimmia superintelligente non esiste, sto facendo una cosa COMPLETAMENTE INUTILE. E se proprio vogliamo fare spirito di patata e ipotizzare che la scimmia in questione effettivamente POSSA venire fuori prima o poi… ma ce ne occuperemo quando verrà fuori!
L’etica, più che qualsiasi scienza naturale o formale, è collegata alla prassi. L’etica riguarda i nostri comportamenti, riguarda quello che FACCIAMO nel mondo. E tu vuoi trattarla mettendo il fulcro di tutto su idee che stanno FUORI dal mondo, come la scimmie superintelligente, il carciofo senziente che deve farsi il trapianto d’organi, il criminale perfetto, l’anello di Gige (Anna e Frank, come li hai posti, sono in buona parte una riproposizione dell’anello di Gige, in effetti) e ‘ste robe qui? Ma è come voler introdurre le variabili quantistiche nella caduta della pallina, stai complicando inutilmente i calcoli, e questo significa che il tuo risultato finale non sarà praticamente quello migliore, ma anzi sarà notevolmente peggiorato.
Mi stai dicendo che non te ne frega niente che l’etica che scegliamo sia quella che effettivamente funziona meglio per risolvere i problemi reali (politica economica, sperimentazione animale, aborto,diritti LGBT… Ma sì, anche traffico d’organi illegale se lo metti in termini più ragionati e down to earth) perché è almeno altrettanto importante, o addirittura PIU’ importante, che sappia risolvere una questione di carciofi parlanti.
Non so come faccia ciò a sembrarti ragionevole… O meglio, lo so. Ha una spiegazione psicologica e sociologica, e ha molto a che fare con il tuo tipo psicologico, in effetti. Se come dici sei un INTP, la cosa quadra molto: a te piace vagare fra le idee astratte, e ti frega poco che abbiano rilevanza reale perché il divertimento sta nell’idea; sei dispostissimo a perderti, nel tuo vagare, perché per te tutto il divertimento sta nel viaggio. Io invece sono INTJ, per gli INTJ vagare nelle idee è divertente, ma più divertente del puzzle è la soddisfazione di vederlo alla fine risolto: io punto alla soluzione dei problemi reali, io voglio seguire il filo che va da idea a prassi e da prassi di nuovo a idea, e se è vero che non sono soddisfatto se uno degli anelli non è al suo posto, è anche vero che per me la catena deve avere inizio e fine in qualcosa di pratico e reale.
Questa differenza di approccio è, temo, assolutamente irriducibile. Ma ho la presunzione di ritenere che la mia visione sia più completa.

8 03 2014
Giovanni

Caro Alberto,

la pochezza intellettuale di questo Raffaele si commenta da sé. Tant’è che sa solo offenderti senza alcuna eleganza. Leggerei queste risposte come una tua vera vittoria intellettuale sull’ignoranza. Se infatti qualcuno è davvero così motivato a risponderti, vuol dire allora che le tue opinioni non passano inosservate.

Forza Alberto, continua così.
Cordiali Saluti,

Giovanni

8 03 2014
lostranoanello

Thankyou 😉

8 03 2014
Raffaele

Ma manco l’indirizzo IP guardi, eddai.

8 03 2014
lostranoanello

Mmmh… no, di solito no.
Siete la stessa persona? Mentirei se dicessi che sono sorpreso XD

8 03 2014
Raffaele

“Tu consideri l’etica una disciplina puramente astratta-formale.”

No. Io considero l’etica una disciplina che per metà è una disciplina puramente astratta-formale nel senso più proprio del termine. Dove ci sono individui che sono punti, proprietà che sono funzioni, contesti che sono insiemi n-potenti, ecc. Altrimenti che senso avrebbe difendere il conseguenzialismo? Mi lancerei a fare tutto una praxis come nel tuo caso.

Io non ho mentito quando ti ho raccontato del mio profilo INTP e di quei cazzo di valori di QI che servono solo a qualche sempliciotto americano. E non so quale approccio sia il migliore, se il mio o il tuo. Certamente più degli studi filosofici mi ha influenzato la formazione matematica. Perché per me identificare le regole che governano in uno spazio di Banach o identificare le regole per identificare le scelte di un agente razionale è la stessa cosa, letteralmente la stessa cosa.

Poi che il divertimento stia nel viaggio è vero. Quando scrivo QED al termine di una dimostrazione è come finire una vacanza, il bello stava nella dimostrazione.

Ah, scusami se ti ho insultato. Ora ho capito un po’ meglio cosa volevi dirmi e ti ringrazio per aver speso così tanto tempo a rispondermi. Apprezzo la tua pervicacia.

In bocca al lupo.

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